Perché, soprattutto la Vocazione, raccontano qualcosa di familiare a tutti, ossia la possibilità, ad un certo momento dell'esistenza, di scegliere tra il bene e il male, di rispondere ad una "chiamata", a vedere la luce la' dove c'è sempre il buio.
Un libro offre la possibilità di esplorare e di capovolgere, nel caso, l'interpretazione, la storia, il senso di questo capolavoro e, in fondo, dello stesso modo di guardare al grande Caravaggio. Il libro si intitola "Caravaggio. Il vero Matteo", lo ha scritto la storica dell'arte Sara Magister, sostenendo, con dovizia di particolari e di analisi, una tesi già circolata fra gli studiosi, ora rilanciata appunto con questo saggio. In sintesi, si parte dalla domanda su chi sia veramente Matteo nel capolavoro caravaggesco. Davvero è quello che da secoli tutti hanno individuato, ossia il signore attempato, con la barba, in vesti piuttosto sontuose, che in piedi fa un gesto con la mano, come per dire "chi chiami, Signore? Chiami me, forse?"...
La Magister, invece, riprende la tesi - circolata a cominciare dagli anni Ottanta - che Matteo sia il giovane curvo sul tavolo a contare le monete, quasi del tutto indifferente alla luce che irrompe, all'avvenimento straordinario che sta svolgendo si proprio davanti a lui. La studiosa sostiene che la tesi abbia un fondamento solido nella genesi dei dipinti del Caravaggio dedicati proprio all'apostolo e nella fedeltà che lo stesso Caravaggio mantenne verso i criteri dettati per l'arte sacra dal Concilio di Trento. Non solo genio e sregolatezza, quindi, ma anche rigore e attenzione profonda alla dottrina cattolica.
Nella prefazione al saggio, scritta da Antonio Paolucci, sottolinea il fatto che quando Caravaggio, fra il luglio del 1599 e il luglio del 1600, neppure trentenne, dipinse le tele dedicate al santo protettore del committente, ossia il prelato Mathieu Cointrel (italianizzato in Contarelli), non aveva avuto dubbi:" Il testo evangelico, per essere efficace e da tutti comprensibile, deve subire una tradizione analogica. O il Vangelo è attuale, e' in grado di parlare all'uomo di oggi, oppure non è", così pensa il cattolico Caravaggio, in linea con quanto insegnano i decreti sulle arti promulgati dal Concilio di Trento. Perciò ambienta la scena evangelica in un'osteria del suo tempo, una di quelle in cui lui stesso passava molto tempo, e quindi conosce bene, mette in luce la caduta degli uomini immersi in attività poco limpide, illustra senza nascondimenti l'inclinazione generale dell'uomo verso il peccato.
Ma anche la possibilità, sempre concessa, di seguire la Luce. La tesi che Matteo sia il giovane chino sul denaro prende corpo nelle pagine della Magister, seguendo il filo rosso della passione che la anima, e sulla scia di questa figura umbratile, quasi fantasmatica, si profila la storia di Caravaggio, la storia dell'apostolo Matteo, la storia di ogni uomo alle prese con il dramma del peccato e della redenzione.
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