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Carlo Urbani a 15 anni dalla morte, il suo ricordo oggi alla Assemblea della OMS

Una foto di Carlo Urbani: Assemblea OMS a Ginevra |  | OMS
Una foto di Carlo Urbani: Assemblea OMS a Ginevra | OMS
Il ricordo di Carlo Urbani alla Assemblea OMS a Ginevra |  | OMS
Il ricordo di Carlo Urbani alla Assemblea OMS a Ginevra | OMS

“A volte sussurrare un’Ave Maria in silenziosi tramonti mi causa leggeri brividi di emozione”: così scriveva in una delle numerose lettere Carlo Urbani. E sono passati 15 anni dal sacrificio di Carlo Urbani, morto a Bangkok dopo avere scoperto il virus della Sars ed esserne rimasto vittima. Era con la famiglia ad Hanoi, in Vietnam, dirigente Oms per il Sud-Est asiatico. Ma non riusciva a non obbedire al suo istinto di medico.

Così quando all’ospedale francese di Hanoi un facoltoso uomo d’affari si ammalò e la sua polmonite registrava una progressione fulminante, chiamarono lui, l’unico che ne avrebbe potuto capire qualcosa. La Sars veniva dalla Cina, un sistema 'chiuso', poi con vettori commerciali si diffuse in tutti i paesi vicini, dove venne lanciato l’allarme.

Urbani poteva mandare altri a quel capezzale. Andò lui e venne contagiato. Se ne accorse mentre era in viaggio verso Bangkok per un convegno scientifico. Capì il suo rischio e forse il suo destino. Si fece isolare, elaborò sulla sua pelle quel protocollo che in seguito l’Oms stessa avrebbe applicato per tutte le pandemie. Questa l’eredità che ha lasciato al mondo intero.

Per questo a Ginevra l’Oms ha voluto testimoniare, con una solenne cerimonia alla quale hanno preso parte la moglie Giuliana e i figli, Maddalena, Luca e Tommaso, quest’ultimo dal giugno scorso presidente dell’Associazione Italiana Carlo Urbani, responsabilità che è stata, negli anni, della mamma e della nonna Maria, oggi 90enne.

A Ginevra sono intervenuti il segretario generale Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, e Pascale Brudon, amica di Carlo, allora responsabile Oms in Vietnam, dove il medico era in missione in quegli anni. E di nuovo un altro ricordo oggi venerdì 25 maggio sempre a Ginevra da parte dell’Oms.

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Nella prima occasione il figlio Tommaso ha affermato: “E’ commovente constatare come l’energia che emana la storia di babbo sia, a distanza di 15 anni, forte come non mai. Basta verificare il calendario di iniziative che si sono realizzate in questi mesi: una mostra fotografica e tattile (a cui è stata concessa la medaglia del Quirinale) nel Museo Omero per non vedenti di Ancona, l’intitolazione di una scuola elementare a Recanati, ma soprattutto il coinvolgimento di un migliaio di studenti in due distinti concorsi giornalistici scolastici, costruiti con tanti momenti di riflessione sui temi di mio padre, il diritto alla salute, l’accesso ai farmaci essenziali per le popolazioni più deboli, la formazione di figure sanitarie locali, dove ci sono queste emergenze”.

Al giornalista Vincenzo Varagona, autore dell’audiolibro ‘Il medico della Sars - Carlo Urbani raccontato da quanti lo hanno conosciuto’, abbiamo chiesto di raccontarci questa sua nuova opera: “Dal 2003, anno della tragedia, su Carlo Urbani sono usciti diversi libri. Alcuni a distanza di pochi mesi dalla morte, altri nel decennale della scomparsa.

Per il 15^ anniversario Aicu ha cercato di pensare una cosa diversa, anche per colmare un vuoto che si era creato. Così, in corrispondenza con la bella mostra al Museo Omero, che ha visto, accanto alla rassegna fotografica, una sezione tattile, a beneficio di non vedenti, lo stesso Museo ha deciso di realizzare un audiolibro al solo utilizzo di persone cieche, facendo sonorizzare il volume ‘Il Medico della sars’. Così è nato l’audiolibro. Un gesto di attenzione verso persone che non possono leggere i volumi usciti finora”.

A 15 anni dalla sua morte si può affermare che il suo sacrificio è stato ‘opportuno’?

“Non so se la parola ‘opportuno’ sia la più adeguata. Carlo sentiva di avere una missione alla quale non ha ritenuto doversi sottrarre. Era funzionario Oms, ma quando lo hanno chiamato all’ospedale francese di Hanoi, dove c’era un paziente colpito da una sindrome sconosciuta, anche se poteva evitare di intervenire personalmente, è andato: per lui il problema non si poneva. Occorreva andare, e basta.

Forse un giorno si conoscerà il motivo per il quale un medico esperto come lui sia rimasto infettato. Non credo sia andato incontro alla malattia a cuor leggero. Aveva preso le sue precauzioni, non sono state sufficienti. Ogni medico va incontro all’imponderabile e un tasso di rischio fa parte della sua missione. Così è stato per Carlo. Il valore aggiunto della sua esperienza è l’essere riuscito a individuare il virus, creando le condizioni per combatterlo e sconfiggerlo. Il suo protocollo antipandemie è stato adottato dall’OMS e viene tutt’ora applicato. Ha lasciato un’eredità enorme”.

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‘Il lavoro mi coinvolge, ma sento la vita scorrermi addosso e non so se potrò realizzare tutto, ringrazio Dio per quanto mi ha dato’: quale è stato il suo rapporto con la fede?

“La fede é stata un pilastro della sua esistenza. Lo si evince chiaramente dalle lettere scritte alla sua confidente, suor Annamaria Vissani, che ne ha riportate un buon numero nel suo libro. Non era, quella di Carlo, una fede bigotta. Era una fede che si caratterizzava più per i dubbi che per le certezze. In questo era in buona compagnia.

Era una fede bella e profonda, che si fondava sul dialogo con il Signore, sul suo affidarsi a Lui e magari anche sull’attesa di risposte importanti. Non sappiamo se queste risposte gli siano arrivate prima della morte, ma non è questo il problema. Chi crede sa che il rapporto con Dio è senza tempo. Carlo questo lo sapeva. Il respiro della sua fede lo si percepisce bene dalla mostra organizzata al Museo Omero da Francesco Vintrici, mostra che in autunno tornerà a Jesi.

Il successo della rassegna e le richieste pervenute per farla girare rendono bene l’idea che il messaggio di Carlo, anche la sua fede, continuano a essere freschi e a colpire, soprattutto i ragazzi. Non era scontato, è un ottimo stimolo a continuare a lavorare in questa direzione.

Colpisce, inoltre, che il segretario generale Oms sia rimasto talmente colpito dalla figura di Carlo, attraverso la testimonianza portata il 29 marzo a Ginevra dal figlio Tommaso, che è anche presidente Aicu, che ha deciso di ricordare nuovamente Carlo in occasione dell’assemblea generale Oms, il 25 √maggio. Carlo Urbani continua a crescere nel cuore non solo degli italiani”.