Torino , domenica, 21. giugno, 2015 19:14 (ACI Stampa).
È venuta direttamente dal Vaticano la proposta di un pranzo in Arcivescovado con i giovani detenuti del Ferrante Aporti, il carcere di Torino in cui Don Bosco ebbe l’intuizione del “sistema preventivo salesiano.” Una mediazione necessaria, per permettere al Papa di portare a termine il suo intenso programma della giornata e per permettergli di incontrare i carcerati, racconta ad ACIStampa don Domenico Ricca, salesiano, da 35 anni cappellano del Carcere.
“Ho incontrato il Papa due anni fa, e gli ho subito parlato di una sua possibile visita ai giovani detenuti del Ferrante Aporti. Avevo visto che era andato nel carcere minorile di Casal del Marmo nell suo primo Giovedì Santo da Papa, speravo potesse venire da noi,” racconta don Ricca, che tutti chiamano don Mecu.
Don Ricca ci teneva che i suoi ragazzi potessero avere la possibilità di vedere il Papa. Ma “fino all’ultimo ho temuto che non potesse andare in porto. Il programma della giornata era intenso, se il Papa si fosse spostato anche al Ferrante Aporti sarebbe stato impossibile per lui fare tutti gli spostamenti. Poi, dal Vaticano è arrivata la proposta del pranzo in arcivescovado. Perché il Papa ci teneva davvero ad incontrare i detenuti,” racconta don Ricca.
Che poi spiega: “Papa Francesco ci tiene molto a queste cose simboliche, a mostrare una vicinanza. Magari un pranzo è considerata una cosa piccola, ma in realtà ha un forte valore simbolico, specialmente per i giovani carcerati, che non si aspettavano di certo una sorpresa simile.”
Sono stati così 11 i ragazzi che sono usciti dal carcere per andare a pranzo con il Papa in arcivescovado, di un’età compresa tra i 17 e i 21 anni. Insieme a loro, a pranzo, anche alcune famiglie disagiate, tra cui una famiglia rom. In totale, spiega padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, circa 35 persone.