Don Esposito sottolinea che “le tesi relative alle origini di questo istituto sono molteplici e spesso nettamente divergenti le une dalle altre”, tanto che altri storici attribuiscono a Tolomeo Gallio, sotto Gregorio XI, il ruolo di primo segretario di Stato, a fianco del Cardinale Nipote Carlo Borromeo, che pure si ascrive tra i segretari di Stato del passato.
È però un segno che, proprio mentre gli Stati nazionali come Francia e Spagna si dotavano di un Segretario di Stato, così anche la Santa Sede comincia a dotarsi di una personalità che sia a fianco del Papa e che gestisca anche i rapporti con gli Stati.
Ma il punto di inizio della Segreteria di Stato moderna si scontra con “quello di stabilire gli antecedenti a cui poter legittimamente ricondurre la fisionomia generale del Segretario di Stato”, e allora si potrebbe – osserva don Esposito – persino risalire alla Segreteria Apostolica di Innocenzo VIII, “con l’articolazione complessa delle sue sezioni (la Cancelleria dei Brevi, la Segreteria dei Brevi ai Principi e la Segreteria delle Lettere Latine) istituita prevedendo una certa preminenza del secretarius domesticus e, con Leone X, del Secretarius Intimus.
È una cornice che aiuta a comprendere come l’istituto della Segreteria di Stato non è sempre stato omogeneo. Non a caso, nella postfazione (che curiosamente è pubblicata all’inizio del libro), scritta da Domingo Andrés Gutierrez, si racconta come la carica è stata poi strutturata con la Pastor Bonus di Giovanni Paolo II.
Promulgata nel 1988, la Costituzione Apostolica regola scopi, funzioni e organigramma della Curia Romana, andando ad aggiornare la Regimi Ecclesiae Universae che, subito dopo il Concilio Vaticano II, era stata promulgata da Paolo VI per dare una nuova forma alla Curia secondo i dettami conciliari.
Il tema non è di poco conto. Sisto V e Pio X, infatti, riformano la Curia, ma lo fanno oltre 30 anni dopo il Concilio di Trento e del Concilio Vaticano I.
Paolo VI invece riforma la Curia appena due anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, ed è per questo che 19 anni dopo c’è bisogno di una nuova costituzione apostolica per dare un nuovo ordine alla Curia.
Questa nuova costituzione segue comunque i dettami conciliari, che prevedevano – nota Gutierrez – questi postulati: che il Papa si serve della Curia romana “nell’esercizio del suo potere primaziale”; che i dicasteri agiscono a nome del Papa per “il bene di tutte le Chiese particolari per il servizio a tutti i pastori”; e che i dicasteri devono essere sottoposti a un nuovo ordinamento “più rispondente alle nuove esigenze dei tempi, delle regioni e dei riti".
La cosa ancora più interessante erano le proposte pre-conciliari sulla riforma della Curia, con 12 proposte di cambio della Curia Roma, 10 delle Sacre Congregazioni e uno per i legati pontifici, che addirittura prevedevano un moltiplicarsi dei dicasteri di Curia, fino ad avere un segretariato per unificare l’azione delle Conferenze Episcopali, e una Congregazione per gli Affari Africani da affiancare all’America Latina – il tema è tornato di moda in questi ultimi tempi – così come di una congregazione sul Protestantesimo da separare da quella più generale dell’ecumenismo.
in questa quantità di proposte preconciliari, ci sono solo 3 proposte sulla Segreteria di Stato, due contrapposte tra loro, e una che prevede che sia assunti consacrati religiosi con gli stessi diritti dei sacerdoti diocesani.
Resta il fatto che la Segreteria di Stato è sempre rimasta un organo centrale nella riforma della Curia, e che questo è rimasto anche quando si è parlato di maggiore sussidiarietà e maggiore responsabilità ai vescovi locali. Solo con la Pastor Bonus si pensò di cambiare la dicitura “Secretarius Status” in Secretarius Papalis, ma alla fine la proposta non passò.
Al di là del tema di riforma strutturale, colpisce che tutti i profili dei cardinali hanno un profilo fortemente pastorale. E non potrebbe essere altrimenti.
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L’arcivescovo Antonio Mennini, tornato a lavorare nella seconda sezione della Segreteria di Stato vaticana dopo aver girovagato da nunzio in Russia e Regno Unito, ha sottolineato che “il servizio dei segretari di Stato della Curia romana non avrebbe senso se non fosse finalizzato a costruire un mondo più umana, un mondo in cui l’uomo viene considerato in tutta la sua dimensione. Lo sviluppo integrale dell’uomo è l’unico sviluppo possibile di ogni processo sociale”.
E ancora, l’arcivescovo Mennini ha notato: “La diplomazia vaticana, la Santa Sede aspira a differenziarsi da quella civile di tanti stati per motivi ispiratori, ma anche di attuazione pratica, per entrare in quella prospettiva, di quella creazione di dare immagine di una diplomazia veramente evangelica”.
Forse viene anche da qui la scelta di creare una Terza Sezione nella Segreteria di Stato vaticana, con il compito della cura del personale diplomatico della Santa Sede.
Il tema, insomma, è vasto, e si inserisce anche in quel dibattito sulla riforma della Curia che vide all’inizio la Segreteria di Stato come primo bersaglio di una nuova distribuzione degli uffici, salvo poi diventare il nodo centrale di tutto. Chissà quale saranno i compiti del Segretario di Stato nella nuova bozza di Costituzione Pastorale che è ora in preparazione.