Città del Vaticano , venerdì, 4. maggio, 2018 14:00 (ACI Stampa).
“Oggi succedono tante cose che, per non perdersi in questo mondo, nella nebbia della mondanità, nelle provocazioni, nello spirito di guerra, tante cose, abbiamo bisogno di criteri autentici che ci guidino. Che ci guidino nel discernimento”. Inizia così il lungo discorso a braccio di Papa Francesco rivolto ai partecipanti al Convegno internazionale dal titolo “Consecratio et consecratio per evangelica consilia. Riflessioni, questioni aperte, cammini possibili”, promosso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che si svolge a Roma presso la Pontificia Università Antonianum dal 3 al 6 maggio.
Papa Francesco questi “criteri di discernimento” li scorge principalmente nelle “tre P”: la preghiera, la povertà e la pazienza.
“La preghiera è tornare sempre alla prima chiamata – comincia il Pontefice - Qualsiasi preghiera, forse una preghiera nel bisogno, ma sempre è ritornare a quella Persona che mi ha chiamato. La preghiera di un consacrato, di una consacrata è tornare dal Signore che mi ha invitato a esserGli vicino. C’è una parola che si usa tanto, è stata usata troppo e ha perso un po’ di forza, ma indicava bene questo: radicalità. A me non piace usarla perché è stata troppo usata, ma è questo: lascio tutto per Te. È il sorriso dei primi passi… Poi sono arrivati dei problemi, tanti problemi che tutti noi abbiamo avuto, ma sempre si tratta di tornare all’incontro con il Signore. E la preghiera, nella vita consacrata, è l’aria che ci fa respirare quella chiamata, rinnovare quella chiamata”.
La seconda “p” del Papa è la povertà: “Senza povertà non c’è fecondità nella vita consacrata. Ed è “muro”, ti difende. Ti difende dallo spirito della mondanità, certamente. Noi sappiamo che il diavolo entra dalle tasche. Tutti noi lo sappiamo. E le piccole tentazioni contro la povertà sono ferite all’appartenenza al corpo della vita consacrata. Ci sono tre scalini per passare dalla consacrazione religiosa alla mondanità religiosa. Sì, anche religiosa; c’è una mondanità religiosa; tanti religiosi e consacrati sono mondani. Tre scalini. Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va dall’estremo di farsi “pavone” a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia, l’orgoglio”.
La terza “P” è la pazienza: “Guardando Gesù, la pazienza è quello che ha avuto Gesù per arrivare fino alla fine della sua vita. Quando Gesù, dopo la Cena, va all’Orto degli Ulivi, possiamo dire che in quel momento in modo speciale Gesù “entra in pazienza”. Entrare in pazienza: è un atteggiamento di ogni consacrazione, Ma non solo pazienza nella vita comunitaria: pazienza davanti alle sofferenze del mondo. Portare sulle spalle i problemi, le sofferenze del mondo. Entrare in pazienza, come Gesù è entrato in pazienza per consumare la redenzione”.