Venezia , mercoledì, 25. aprile, 2018 12:30 (ACI Stampa).
L’Evangelista Marco è generalmente simboleggiato con il leone alato. E il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia, al termine dell’omelia per la festa del patrono della città che ne custodisce le spoglie nella Basilica che porta il suo nome, ci tiene a sottolineare, ricordando il mottetto dell’offertorio: “Il leone diventa l’immagine di una fede che non tema di affrontare gli idoli”.
Le spoglie di San Marco arrivarono a Venezia dopo varie peripezie, e la Basilica fu costruita proprio per custodire le spoglie dell’apostolo e dell’Evangelista, da allora patrono di Venezia e di tutte le genti venete.
A questa storia si rifà il Patriarca Moraglia nella sua omelia per la festa del patrono. Apprezza la citazione del Vangelo di Marco nella Gaudete et Exsultate di Papa Francesco, ricorda che “siamo ormai alla vigilia” del Sinodo dei vescovi sui giovani, sottolinea che i giovani “sono terra buona per il seme della parola” come ha dimostrato il recente pellegrinaggio dei cresimandi della diocesi ad Assisi.
Quindi, il Patriarca Moraglia parte da lontano, dal senso dell’Eucarestia, e dalla necessità di celebrarla “mantenendo un vivo legame” con i testimoni della vita di Gesù, tanto che “nei nuovi altari si murarono le reliquie dei martiri”, i primi santi riconosciuti dalla Chiesa, e così successe nella Basilica di San Marco.
Per questo – sottolinea il Patriarca – “l’edificio-chiesa, allora, non è solo uno spazio funzionale per accogliere la comunità ma luogo sacro che entra in rapporto con l’assemblea che celebra la liturgia. Il rischio è cadere in un funzionalismo non più in grado di intendere il linguaggio simbolico e, prima ancora, la dimensione simbolica della realtà; alla fine, è l’incapacità dell’uomo a porsi le domande più vere e profonde che lo riguardano”.