Dachau , lunedì, 23. aprile, 2018 14:00 (ACI Stampa).
Sacerdote, carmelitano, scrittore, giornalista, rettore dell'Università e cos'altro se non beato? Ricordare una personalità così affascinante è leggere, a piene mani, la spiritualità dell'ordine Carmelitano. Tutto questo è stato padre Tito Brandsma (1881-1942).
Entrato presto nella provincia Carmelitana di Olanda, vi compì tutti gli studi fino ad arrivare al sacerdozio nel 1905. Studiò anche a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana perfezionando ed approfondendo filosofia e teologia.
Acuto studioso ed efficace scrittore, trasformò quest'attività intellettuale in una missione: la sua, per poter entrare più efficacemente nella mente e nel cuore degli uomini del suo tempo. Scrisse vari testi sulla spiritualità di San Giovanni della Croce e Santa Teresa D'Avila, fondatori della riforma del Carmelo e vari articoli di contenuto teologico o sociale.
Ma oltre a tutto ciò, Tito Brandsma è stato un martire, affrontando la prigionia nel campo di sterminio nazista di Dachau dove trovò la morte a soli 61 anni. All'infermiera che, a seguito di quest'evento, si convertirà, mentre gli stava iniettando la dose di veleno, regalò, oltre ad un sorriso, il suo rosario (che lo aveva accompagnato durante la prigionia). Aveva compreso da Cristo il difficile percorso del perdono che libera e salva. Questo straordinario testimone di Cristo ha dovuto sviluppare la sua esistenza in un'epoca molto complessa per la sua terra, quella dell'invasione nazista.
Il religioso però non ha avuto paura e non è indietreggiato difronte a nessuna violenza e minaccia, ma è andato avanti tanto era il suo amore per Cristo. Durante questo periodo ben consapevole di quanto accadeva intorno a lui, continuò con coerenza e fede ha portare avanti la sua battaglia: quella di Cristo.