Città del Vaticano , martedì, 17. aprile, 2018 10:41 (ACI Stampa).
“Quando il profeta arriva alla verità e tocca il cuore, o il cuore si apre o il cuore diventa più pietra e si scatena la rabbia, la persecuzione. Così finisce la vita di un profeta”. Lo ha detto il Papa, stamane, nell'omelia della Messa celebrata a Santa Marta.
Un profeta dice il vero – sostiene Francesco – nel momento in cui “è capace non solo di dire, ma di piangere sul popolo che ha abbandonato la verità. E Gesù da una parte rimprovera con parole dure, dall’altra parte pianse su Gerusalemme. Questo è il test. Un vero profeta è quello che è capace di piangere per il suo popolo e anche di dire le cose forti quando deve dirle. Non è tiepido, sempre è così: diretto”.
Nello stesso – aggiunge il Pontefice secondo quanto diffuso da Vatican News – il profeta deve “aprire porte, risanare le radici, risanare l’appartenenza al popolo di Dio per andare avanti. Non è per ufficio un rimproveratore. E' un uomo di speranza. Rimprovera quando è necessario e spalanca le porte guardando l’orizzonte della speranza. Ma il vero profeta se fa bene il suo mestiere si gioca la pelle”.
“La Chiesa – conclude il Papa - ha bisogno dei profeti. Ha bisogno che tutti noi siamo dei profeti. Non critici, questa è un’altra cosa. Una cosa è sempre il giudice critico al quale non piace niente, nessuna cosa gli piace. Quello non è un profeta. Il profeta è quello che prega, guarda Dio, guarda il suo popolo, sente dolore quando il popolo sbaglia, piange ma è anche capace di giocarsela bene per dire la verità”.