Roma , sabato, 14. aprile, 2018 10:00 (ACI Stampa).
E’ stata presentata questa settimana la nuova esortazione di papa Francesco sul tema della santità: “Gaudete et Exsultate”, la terza Esortazione dopo “Evangelii Gaudium” e “Amoris Laetitia”. Si tratta, come spiega il Papa, non di un trattato “con tante definizioni e distinzioni” o “con analisi che si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione”, ma una “chiamata” alla santità “cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità”.
“Per diventare una Chiesa di Santi” è il titolo di una riflessione sulla nuova esortazione da parte dell’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Radaelli che parte dall’omelia del presule nella festa dei Santi Patroni di Gorizia di quest’anno quando ha parlato di “Una Chiesa senza santi” evidenziando come la diocesi dall’epoca di Paolino di Aquileia non ha più avuto santi o beati propri, almeno quelli riconosciuti tali dalla Chiesa. “Come precisava il testo della stessa omelia, la santità non può però essere ridotta a quella ‘canonizzata’: nella nostra Chiesa c’è stata e c’è una santità diffusa e non meno autentica anche se spesso nascosta. Resta però il fatto che la mancanza di beati e santi riconosciuti ufficialmente può comunque indicare il bisogno per la nostra Chiesa di un salto di qualità nella vita spirituale e di un maggior impegno nella preghiera attraverso cui chiedere al Signore il dono della santità”.
Mons. Radaelli, partendo da queste considerazioni, sottolinea come “abbia accolto con grande favore e interesse” l’esortazione evidenziando come le considerazioni di papa Francesco sono “molto utili per noi, sia per quanto sottolinea in generale circa la santità cristiana, sia per i suggerimenti molto concreti che ci offre”. L’arcivescovo di Gorizia nel suo testo, pubblicato come editoriale sul settimanale diocesano “Vita Isontina” dopo essersi soffermato su alcune parti dell’esortazione ha invitato tutti alla lettura personale e di gruppo: “può essere uno strumento prezioso affinché la nostra Chiesa diventi una Chiesa di santi”.
In vista del Primo Maggio, festa del Lavoro, i vescovi della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei hanno rivolto un messaggio nel quale evidenziano che “la quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro”. I vescovi richiamo il discorso di papa Francesco all’Ilva di Genova del 27 maggio 2017: qui il pontefice aveva esortato a ritrovare “una cultura che stima la fatica e il sudore”, senza la quale “non ritroveremo un nuovo rapporto col lavoro e continueremo a sognare il consumo di puro piacere. Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare”.
“Se un tempo il lavoratore povero era una contraddizione in termini – scrivono i vescovi - oggi l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoretto saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà”.