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I vescovi tedeschi e la comunione ai coniugi non cattolici, ecco qual è la situazione

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La Conferenza episcopale tedesca si spacca sull’intercomunione. Nel corso dell’assemblea della Conferenza episcopale, tenutasi dal 19 al 21 febbraio nella città di Ingolstadt, la Commissione ecumenica aveva sottoposto all’attenzione, e al voto, di 60 vescovi tedeschi un sussidio pastorale intitolato “Seguire Cristo – L’unità in cammino. Matrimoni interconfessionali e partecipazione comune all’Eucaristia”.

Il documento, sebbene non ancora redatto nella sua forma definitiva, era stato approvato da una maggioranza di due terzi, con la prospettiva di apportare modifiche, seppur non sostanziali, al testo. Già il giorno del voto, lo scorso 20 febbraio, tredici presuli (tra i quali sette vescovi diocesani) avevano votato contro il documento, trovandolo inadatto alla votazione di una conferenza episcopale nazionale.

Lo scorso marzo i vescovi dissidenti, compattamente schierati contro la possibilità che coniugi non cattolici possano ricevere l’Eucaristia, hanno scritto una lettera di «richiesta di aiuto» a Roma nella speranza di ricevere chiarimenti ai loro dubbi. La lettera - tre pagine di obiezioni al documento pastorale della Commissione ecumenica - porta la firma dell’arcivescovo di Colonia, cardinale Rainer Maria Woelki; dell’arcivescovo di Bamberg, Ludwick Schick; del vescovo di Eichstätt, Gregor Maria Hanke; del vescovo di Augusta, Konrad Zdarsa; del vescovo di Görlitz, Wolfang Ipolt; del vescovo di Ratisbona, Rudolf Voderholzer e del vescovo di Passau, Stefan Oster. Destinatari diretti della lettera sono il prefetto della Congregazione della fede, arcivescovo Luis Ladaria Ferrer SJ e il presidente del Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, cardinale Kurt Koch. Una copia del testo è stata spedita, per conoscenza, al vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, e al nunzio apostolico in Germania, l’arcivescovo Nikola Eterovic.

Nel documento licenziato, ma non ancora pubblicato, dalla Conferenza dei vescovi tedeschi si dichiarava che «chiunque si trovi in un matrimonio interconfessionale e sia giunto in coscienza ad accettare la fede della Chiesa cattolica, dopo un maturo esame attraverso un colloquio spirituale con il parroco, possa accedere alla mensa del Signore per ricevere la Comunione e porre così fine ad una gravosa situazione spirituale di bisogno e saziare la nostalgia dell’Eucaristia». Il documento della Commissione ecumenica applicherebbe insomma anche ai matrimoni interconfessionali l’articolo 844.4 del Codice di diritto canonico che, in caso di forte necessità (morte imminente e altri casi eccezionali), estende anche ai non cattolici la possibilità di ricevere la Comunione.

I sette presuli dissidenti declinano i loro dubbi in quattro punti. «È questa una semplice questione pastorale oppure i criteri qui fissati coinvolgono piuttosto la fede e l’unità della Chiesa?». La seconda domanda-obiezione imputa al documento pastorale di relativizzare la fede della Chiesa. «Dal momento che nella Chiesa cattolica è realizzata la Chiesa di Gesù Cristo, un evangelico che condivida la fede cattolica, non dovrebbe in prospettiva anche diventare cattolico?». La terza obiezione riguarda «lo stato di necessità spirituale». Per il sussidio pastorale non sarebbe tanto la «nostalgia della grazia eucaristica» il criterio primario dell’intercomunione, bensì il bisogno da parte di coppie interconfessionali di ricevere insieme l’Eucaristia. Ma questo bisogno, secondo l’opinione dei vescovi dissidenti, altro non è che il bisogno più generale di ecumenismo, cosa che lo rende inadatto a fungere da criterio d’eccezione.

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La quarta domanda riguarda la competenza della Conferenza episcopale tedesca su questioni di questo rilievo. «Può una conferenza episcopale nazionale, senza riguardo e coinvolgimento della Chiesa universale, in una questione che concerne la fede e la sua pratica in tutta la Chiesa, prendere una decisione che valga solo nel suo ambiente linguistico?». Invece di avallare una regolamentazione regionale sui casi di eccezione, i vescovi propongono di porre la domanda a livello di Chiesa universale, chiarendo la questione dell’intercomunione nel contesto “dell’unità tra comunità eucaristica e comunità ecclesiale”.

Intanto, il presidente della Conferenza episcopale tedesca, cardinale Reinhardt Marx – unito da un vincolo di «dinamica amicizia» con il presidente della Chiesa evangelica tedesca, Heinrich Bedford-Strohm – lo scorso 4 aprile ha risposto alle obiezioni. «La “gravis spiritualis necessitas” – scrive l’arcivescovo di Monaco e Frisinga - non è la differenza confessionale nel matrimonio, ma il gravoso bisogno spirituale che, in casi particolari, può sorgere dalla vita matrimoniale di coniugi interconfessionali».

Rispondendo alla quarta obiezione dei vescovi, il cardinale Marx - che già nel 2015 aveva dichiarato l’indipendenza dal Vaticano («Non siamo una filiale di Roma») - ribadisce che, «ovviamente, una conferenza episcopale nazionale può stabilire i criteri per la ricezione dell’Eucaristia da parte di cristiani non appartenenti alla comunità della Chiesa». Il porporato rimanda, senza però nominarli, ad altri testi ecclesiali che confermerebbero questa posizione. Ricorda anche l’incoraggiamento, ricevuto da Papa Francesco, di «fare passi avanti nell’ecumenismo, anche nella cura delle anime».

L’arcivescovo di Bamberg, Ludwig Schick, tornato di recente da un viaggio in Iraq, ha voluto chiarire, lo scorso lunedì dalle colonne del „Kölner Stadt-Anzeiger“, che la lettera dei vescovi dissidenti non è «affatto insolidale. Né si tratta di una lettera di rifiuto, con la quale si vuole impedire che cristiani evangelici, coniugi di matrimoni interconfessionali, possano accedere alla Comunione». Il vescovo di Bamberg chiede soprattutto chiarezza: «Ricevere risposte da Roma su questioni così fondamentali sarebbe importante per tutti noi».