Quale è la situazione in Iraq?
Le difficoltà materiali non sono diminuite. Certo, c’è già una certa normalità, ma i problemi sono pratici. Si tratta soprattutto di difficoltà a livello mentale, c’è molta incertezza. La nostra è una situazione di arbitrarietà continua.
Quanto sono difficili le situazioni da affrontare?
La cosa più grave è l’insicurezza sull’avvenire. Non si vede il futuro, non si comprende quello che ci aspetterà. Molti soffrono per questo, mentre altri vanno via. Ci sono molte persone che sono emigrate non perché sono perseguitate, ma perché c’era questo esodo continuo che creava incertezza.
Quante sono le persone che sono partite?
Non abbiamo dati certi, ma abbiamo perso forse un milione e mezzo di fedeli.
Già con l’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente si parlava di questo esodo di cristiani, diventato anche più pesante dopo la Seconda Guerra del Golfo. Ma come si ferma questo esodo?
L’esodo dei cristiani non può essere fermato. L’emigrazione è cominciata molto prima. Le prime onde di migrazioni avvengono nella Prima Guerra Mondiale. Quando l’Iraq ottiene l’indipendenza, ci sono due comunità che non lo accettano, e sono i curdi e gli assiri: i curdi perché sono stati distribuiti in quattro Paesi differenti, e gli assiri perché non volevano essere sottomessi al re. Poi, negli Anni Sessanta, dopo l’uccisione del re, molti cristiani si sono sentiti scoraggiati. Il regno iracheno, al di là di tutto quello che si può dire, era molto pacifico e moderato. Per difendere le minoranze cristiane, serve uno Stato super partes.
Quindi cosa succede negli anni Sessanta?
I cristiani subiscono un massacro, soprattutto nella regione di Mosul. E i governi iracheni che si succedono hanno poi bisogno di soldati, e cominciano a chiamare i giovani alla coscrizione obbligatoria. Per questo, molti giovani fuggivano. Nel 2003, poi, con la Seconda Guerra Mondiale, le cose cambiano.
Perché?
Prima si trattava di emigrazioni individuali. Ma quando nel 2004 cominciano gli attacchi contro le chiese, allora si emigra in gruppi. + così che comincia l’esodo.
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Come sono i rapporti con i musulmani?
Vanno avanti come sempre. Non siamo necessariamente considerati fratelli. Ufficialmente, il governo non perseguita i cristiani. Ci sono incontri, ci sono dialoghi. Ma le discriminazioni non spariscono facilmente. Il problema è che anche lo Stato è dominato dai partitini, dagli staterelli nati dopo la caduta del regime. E molti cristiani non hanno fiducia nei partiti, restano senza qualcuno che li protegga e che li aiuti a trovare lavoro.
In generale, quale è la situazione?
Si tratta di una situazione di anarchia. Lo Stato è debole, non può controllare tutto e non controlla tutto.
E quale è la vostra speranza?
Speriamo che il Signore trovi una soluzione. Noi siamo tornati indietro, viviamo in una Guerra Fredda che è operata sui territori di Iraq, Siria, Yemen, forse Ucraina. Noi viviamo una situazione in cui siamo impotenti.