Il tema – nota l’arcivescovo – è stato ampiamente dibattuto. Nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Clonazione – ha sottolinea – sono riconosciuti sia i problemi etici nati da nuove tecnologie che toccano il corpo umano, e per questo si insiste che gli Stati adottino tutte le misure necessarie per proteggere la vita umana nell’applicazione scientifica.
Non si tratta solo di esercitare un controllo commerciale, perché la stessa distribuzione di nuove forme di vita potrebbe colpire sia la sicurezza del cibo che le prospettive di sviluppo delle nazioni più indietro.
L’arcivescovo Jurkovic ha affermato che “non si dovrebbe permettere ad interessi monopolistici privati” di imporsi sopra “le risorse biologiche”, mentre ci vuole un approccio che non ignori “le più grandi preoccupazioni economiche, ambientali ed etiche riguardo il brevettare la vita”. La richiesta finale è che i documenti sul tema presentino un linguaggio che “garantisca che non ci sia nessun brevetto sulle forme di vita, inclusi gli esseri umani”.
Il dibattito sull'Accordo Globale sui Rifugiati
Continuano i negoziati sui due global compacts su migranti e rifugiati alle Nazioni Unite. A Ginevra si è discusso lo scorso 21 marzo della bozza sui rifugiati e in particolare della terza parte del documento.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, ha sottolineato che “accogliere e proteggere i rifugiati sono comuni responsabilità della comunità internazionali”, sebbene si sappia che questa “solidiarietà non avviene senza sacrifice”, perché in alcuni casi i rifugiati superano in numero la popolazione locale.
L’arcivescovo Jurkovic loda le nazioni che ricevono e ospitano i rifugiati, perché danno “un immense contributo al bene collettivo e alla causa dell’umanità”.
Tra le cose positive del testo in discussione – nota il nunzio – c’è “la distribuzione delle risorse finanziarie per lo sviluppo da parte delle istituzioni internazionali, con una speciale considerazione a progetti di cui possano beneficiare i rifugiati e che premino la generosità delle famiglie e comunità locali”.
La Santa Sede chiede di tenere a mente che “i rifugiati non sono numeri da distribuire e selezionare, ma anche persone con un nome, una storia, speranze e aspirazioni per il loro sviluppo umano integrale che sono stati forzati a lasciare la loro nazione e hanno bisogno di protezione e assistenza”.
L’arcivescovo Jurkovic sottolinea quindi che “la distribuzione di fondi non deve essere un pretesto per ‘subaffittare’ la responsabilità di protezione di certe nazioni semplicemente a causa della loro vicinanza a certe aree geografiche”, e nemmeno deve essere una giustificazione per “il contenimento del movimento dei rifugiati, ma davvero una genuine espressione di cooperazione internazionale e solidarietà”.
In particolare, la Santa Sede loda il passaggio del rapporto in cui le Nazioni Unite propongono un ampio impegno per terminare la discriminazione basata su razza, colore della pelle, religione o credo”, perché “è importante che l’accordo globale sia fermamente centrato sulla persona umana, evitando ogni considerazione ideological, incluse quelle definite con il nome di ‘età, gender e diversità’.”
L’arcivescovo Auza alla Fondazione Centesimus Annus
La fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice ha organizzato un convegno di tre giorni sull’Etica negli Affari Internazionali e nella Finanza presso la Fordham University. Il 15 marzo, l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York, ha tenuto il discorso inaugurale.
Nel discorso, l’arcivescovo Auza ha messo in discussione la possibilità di vivere una sorta di “tumulto globale”, questione che era il tema della relazione. L’arcivescovo ha messo in luce dati e cifre delle diseguaglianze globali, dai Paesi più ricchi del mondo agli uomini più ricchi del mondo, e ha detto che questo potrebbe essere parte dell’agitazione globale di cui si parla. Ma ha anche invitato anche a guardare oltre l’aspetto economico, allargando l’orizzonte alle conseguenze di questa situazione.
Il primo tema è quello dei rifugiati: ci sono “258 milioni di persone che attraversano i confini internazionali”, mentre altri 40 milioni sono “sfollati nelle loro città”, e si stima che 41 milioni di persone siano invece vittime di traffico di esseri umani.
Quindi, i conflitti: ce ne sono più oggi che in tutta la storia dell’umanità. L’arcivescovo Auza nota che “poco meno di 20 anni fa, il Consiglio di Sicurezza si è incontrato per 52 volte”, mentre nel 2017 ha tenuto 292 incontri su conflitti sparsi nel mondo.
Terzo punto: il tema del terrorismo, favorito anche da gruppi non statali di terroristi che hanno creato le cosiddette guerre asimmetriche.
E ancora: i diritti umani minacciati in tutti i modi e a tutte le età, dai non nati ai vecchi; la distruzione della famiglia; la crescente polarizzazione del discorso politico; la colonizzazione ideologica; lo sfruttamento del pianeta.
Dal punto di vista economico, l’Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York nota che c’è più di un miliardo di persone che vive in estrema povertà, mentre la rivoluzione tecnologica sta cambiando il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri.
Cosa allora devono fare i cattolici? Al di là delle spiegazioni tecniche, l’arcivescovo Auza afferma che la Dottrina Sociale della Chiesa può offrire principi e linee guida per trovare una efficace “bussola etica” in tempi di difficoltà, perché tutte le categorie della Dottrina Sociale sono in grado di rispondere ai nuovi fenomeni, dato che il tutto deriva da un non rispetto della dimensione umana.
L’arcivescovo Auza mette in luce che la Dottrina Sociale della Chiesa ci impegna prima di tutto a praticare la solidarietà .
Quindi, ricorda che la Dottrina Sociale, per evitare le ineguaglianze sociali non ci si può affidare a forze di mercato non regolamentate. Ma in generale, la Dottrina Sociale Cattolica non “raccomanda esplicitamente uno specifico sistema economico”, ma considera piuttosto in che modo elementi e modelli economici sono più o meno in consonanza con la visione della Chiesa della persona umana e del lavoro”.
In particolare, l’arcivescovo Auza fa riferimento al principio della “interconnessione”, che ispira a “cercare altri modi di comprendere l’economia e il progresso, e di moderare la sempre presente tentazione dell’accumulazione della ricchezza con chiarezza, generosità, gratuità, e soprattutto amore”.
Nazioni Unite, la settimana sullo status delle donne
Continua alle Nazioni Unite la discussione della Commissione sullo Status delle donne, che quest’anno si concentra particolarmente sulle donne nelle zone rurali.
Il 19 marzo, la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite ha promosso un evento su “Promuovere lo sviluppo integrale di donne e ragazze in Africa nell’era della colonizzazione ideologica”:
Aprendo l’evento, l’arcivescovo Bernardito Auza ha sottolineato che Papa Francesco ha messo in luce più volte il problema della “colonizzazione ideologica”, definito come il momento in cui le nazioni, agenzie e fondazioni più potenti e ricche costringono le nazioni che una volta erano colonizzate per via militare o economica ad accettare come condizione per assistenza allo sviluppo alcune pratiche, in particolare riguardo la sessualità, la vita, la famiglia e la antropologia. E questo è successo soprattutto in Africa, dove è stata diminuita l’assistenza per salute, acqua, sanità ed educazione.
Un altro “side event” è stato sponsorizzato dalla Santa Sede il 20 marzo, in occasione della 13esima Giornata Mondiale per la Sindrome di Down. Il tema dell’evento era “Non c’è posto nei villaggi rurali, nella città e nelle case per quelli con disabilità? Ragazzi e ragazze con la Sindrome di Down sono lasciati indietro?”
L’Osservatore Auza ha detto che alle Nazioni Unite si parla molto di non lasciare nessuno indietro, così come si parla di terminare l’ingiusta discriminazione contro donne e persone con disabilità. Eppure, sebbene questi impegni siano fermi nei principi, molti Stati, così come agenzie delle Nazioni Unite e membri della società civile tollerano grandi violazioni nella pratica, in particolare la discriminazione contro le donne effettuata attraverso l’esame genetico pre-natale seguito da un aborto selettivo sula base del sesso, cosa che ha fatto perdere 160 milioni di donne nel mondo.
“Quanto sono rimasti silenti quelli che dicono di portare avanti la causa delle donne nel mondo?”, ha domandato l’arcivescovo Auza. E questo – ha aggiunto il nunzio – accade sempre più anche con quanti sono diagnosticati della Sindrome di Down, dato che “la grande maggioranza di loro sono selezionati per l’aborto, ad una percentuale che in molti dicono sia paragonabile a un genocidio”.
Una pratica ingiustificata, ha notato l’arcivescovo Auza, tanto più che gli studi “mostrano in maniera schiacciante che le persone con la Sindrome di Down, i loro genitori e i loro figli sono felici”.
Un terzo evento è stato sponsorizzato dalla missione delle Nazioni Unite con la World Youth Alliance e la Fertility Education and Medical Management Foundation, sul tema “Affermare la dignità umana delle Donne Rurali attraverso la cura sanitaria e l’educazione.
L’arcivescovo Auza ha aperto i lavori notando che rispettare la dignità della donna significa darle valore per la sua totale umanità, incluso il significato materno della sua femminilità e i cicli naturali di fertilità. L’arcivescovo ha messo in luce che in alcuni casi il concetto di “salute riproduttiva” o “diritti riproduttivi” non rispettano la dignità della donna proprio perché trattano la maternità e la fertilità come oggetti da aggiustare, o da sopprimere.
Infine, il 23 marzo, l’arcivescovo Auza ha parlato all’evento di Alto Livello che ha lanciato il “Decennio Internazionale di Azione: l’acqua per lo sviluppo sostenibile 2018-2028.”
L’Osservatore della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York si è focalizzato sulla qualità dell’acqua disponibile per i poveri, perché “l’acqua non sicura porta a morte e alla diffusione di malattie relazionate all’acqua”. L’arcivescovo Auza ha anche chiesto di far crescere i fondi per assicurare accesso universale all’acqua necessaria e alla potabilizzazione dell’acqua, sforzandosi di ridurre lo spreco e il consumo inappropriato .
L’appello del Congo alle Nazioni Unite
Padre Donatien Nshole, segretario generale della Conferenza Episcopale del Congo, ha partecipato il 19 marzo ad una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Nell’occasione, il numero due della conferenza episcopale ha chiesto alle Nazioni Unite di fare di più per affrontare la crisi politica e umanitaria della Repubblica Democratica del Congo.
“L’episcopato – ha detto padre Nshole – è convinto che solo elezioni credibili, trasparenti e pacifiche possano dare al popolo congolese governanti legittimi, in grado di far fronte alla crisi multiforme che sta divorando il Paese”.
I cattolici sono stati in prima linea nell’affrontare la situazione di emergenza che si è creata del Paese dopo che lo scorso dicembre sono state annullate le elezioni libere previste dall’accordo di Capodanno.
La situazione umanitaria è sempre peggiorata. Il Comitato di Coordinamento dei Laici (CLC) ha organizzato varie marce per chiedere il rispetto del dialogo, che è nato dalla moderazione degli stessi vescovi. Le ultime manifestazioni hanno causato dozzine di morti, e la polizia è stata considerata responsabile di diverse violazioni dei diritti umani secondo il rapporto di una commissione d’inchiesta congiunta avviata dal Ministero dei Diritti Umani.
Il Papa ha fatto diversi appelli per il Congo, e ha anche proclamato una giornata di preghiera per la pace in Congo e Sud Sudan lo scorso 23 febbraio.
Il 10 marzo, il CLC ha inviato una lettera ad Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, chiedendo il suo coinvolgimento nella risoluzione della crisi del Paese, sospendendo tutte le manifestazioni fino al 30 aprile per concedere alla comunità internazionale il tempo necessario per trovare una soluzione alla crisi.
Le Nazioni Unite hanno anche una missione in Congo, la MONUSCO, che dovrebbe essere rinnovata il 27 marzo attraverso una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza.
Dalle nunziature
Dal settembre 2017 nunzio apostolico in Indonesia, l’arcivescovo Piero Pioppo è stato nominato lo scorso 19 marzo anche nunzio apostolico presso l’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (ASEAN).
La Santa Sede e l’ASEAN intrattengono relazioni bilatera dal 18 giugno 2011. Organizzazione di tipo politico, economico e culturale per le nazioni situate nel Sud Est Asiatico, è stata fondata nel 1967 con lo scopo di promuovere la cooperazione e l’assistenza tra gli Stati membri. Le nazioni che ne fanno parte si incontrano ogni anno nel mese di novembre.
Il 24 marzo, papa Francesco ha nominato l'arcivescovo Julio Murat come nunzio apostolico in Camerum. Lascia così l'incarico precedente di nunzio apostolico in Zambia e in Malawi