Città del Vaticano , giovedì, 22. marzo, 2018 9:00 (ACI Stampa).
Sabato 24 marzo la Chiesa celebra la 26^ Giornata 26° Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, ‘Chiamati alla vita’. Per l’occasione il direttore generale della Fondazione ‘Missio’, don Michele Autuoro, ha scritto: “Alla vita vera naturalmente, la vita della Grazia secondo lo Spirito Santo, la vita di coloro che nel battesimo si immergono nella morte di Cristo per risorgere con lui come ‘nuova creatura’.
Con il battesimo infatti siamo incorporati a Cristo e alla sua Chiesa, per sempre apparteniamo a Lui e con Lui partecipiamo alla vita divina trinitaria, come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica… E’ la vita alla quale sono chiamati non solo i martiri, nella loro suprema testimonianza del più grande amore, quello di dare la propria vita per quelli che si amano, ma anche tutti e ciascuno di noi nella quotidiana testimonianza di una fede vissuta nella carità e amicizia verso quanti sono privati, ovunque nel mondo, di una vita in pienezza”.
Per comprendere il significato della Giornata abbiamo chiesto a Giovanni Rocca, segretario nazionale di ‘Missio giovani’, perché la Chiesa ricorda i missionari martiri?
“La Chiesa nel celebrare la Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri celebra le proprie origini. Riscopre i propri pilastri. Donne e Uomini di fede sin dal Suo mandato hanno portato il Vangelo di Gesù di Nazareth agli estremi confini del mondo, senza condizioni, senza compromessi e continuano a farlo tuttora. Una missione vissuta nel coraggio, l’agire del cuore. Scelte sempre estreme, scelte che hanno fondato la Chiesa e che tutt’oggi la sorreggono”.
In questo giorno si ricorda il martirio di mons. Romero, che sarà una delle icone della prossima GMG a Panama: cosa può dire al giovane il suo martirio?
“Qualche giorno fa abbiamo appreso la notizia dell’autorizzazione dei decreti che avviano la santificazione di mons. Oscar Romero e del beato Paolo VI. E’ una notizia che porta molta gioia nel mondo giovanile missionario. Il martirio del vescovo salvadoregno è una testimonianza forte.
Dice ai giovani cosa vuol dire esser cristiani: schierarsi con gli ultimi, con chi subisce l’ingiustizia, sempre e a qualsiasi costo, anche pagando con la propria vita. E’ il Vangelo di Cristo. Oggi corriamo il grande rischio di pensare che non c’è bisogno di schierarsi, che lo schieramento divide, ma non è così. Prendere posizione è evangelico, e non il contrario, Romero lo ha dimostrato con la propria vita, vissuta sull’esempio di Gesù stesso, sempre a difesa dei ‘piccoli’. Questo insegna il martirio, un valore che i giovani devono riscoprire”.