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Missionari martiri: " Tutti sono chiamati alla vita"

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Sabato 24 marzo la Chiesa celebra la 26^ Giornata 26° Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, ‘Chiamati alla vita’. Per l’occasione il direttore generale della Fondazione ‘Missio’, don Michele Autuoro, ha scritto: “Alla vita vera naturalmente, la vita della Grazia secondo lo Spirito Santo, la vita di coloro che nel battesimo si immergono nella morte di Cristo per risorgere con lui come ‘nuova creatura’.

Con il battesimo infatti siamo incorporati a Cristo e alla sua Chiesa, per sempre apparteniamo a Lui e con Lui partecipiamo alla vita divina trinitaria, come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica… E’ la vita alla quale sono chiamati non solo i martiri, nella loro suprema testimonianza del più grande amore, quello di dare la propria vita per quelli che si amano, ma anche tutti e ciascuno di noi nella quotidiana testimonianza di una fede vissuta nella carità e amicizia verso quanti sono privati, ovunque nel mondo, di una vita in pienezza”.

Per comprendere il significato della Giornata abbiamo chiesto a Giovanni Rocca, segretario nazionale di ‘Missio giovani’, perché la Chiesa ricorda i missionari martiri?
“La Chiesa nel celebrare la Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri celebra le proprie origini. Riscopre i propri pilastri. Donne e Uomini di fede sin dal Suo mandato hanno portato il Vangelo di Gesù di Nazareth agli estremi confini del mondo, senza condizioni, senza compromessi e continuano a farlo tuttora. Una missione vissuta nel coraggio, l’agire del cuore. Scelte sempre estreme, scelte che hanno fondato la Chiesa e che tutt’oggi la sorreggono”.

In questo giorno si ricorda il martirio di mons. Romero, che sarà una delle icone della prossima GMG a Panama: cosa può dire al giovane il suo martirio?
“Qualche giorno fa abbiamo appreso la notizia dell’autorizzazione dei decreti che avviano la santificazione di mons. Oscar Romero e del beato Paolo VI. E’ una notizia che porta molta gioia nel mondo giovanile missionario. Il martirio del vescovo salvadoregno è una testimonianza forte.

Dice ai giovani cosa vuol dire esser cristiani: schierarsi con gli ultimi, con chi subisce l’ingiustizia, sempre e a qualsiasi costo, anche pagando con la propria vita. E’ il Vangelo di Cristo. Oggi corriamo il grande rischio di pensare che non c’è bisogno di schierarsi, che lo schieramento divide, ma non è così. Prendere posizione è evangelico, e non il contrario, Romero lo ha dimostrato con la propria vita, vissuta sull’esempio di Gesù stesso, sempre a difesa dei ‘piccoli’. Questo insegna il martirio, un valore che i giovani devono riscoprire”.

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Papa Francesco ha sempre invitato i giovani ad essere missionari: in quale modo possono realizzare la missione?
“La missione è vita. E la vita stessa di ciascuno è la propria missione. La si realizza realizzando se stessi e permettendo agli altri di fare altrettanto. Ogni opera di accoglienza, di evangelizzazione, di carità, ha sempre questo scopo. I giovani devono essere la missione. Viverla vivendo. Francesco fa bene ad invitare i giovani alla Missione perché li invita a prendere in mano la propria vita e farne qualcosa di straordinario, per se e per l’Altro”.

A fine aprile si svolgerà il convegno missionario: 'sulla tua Parola getterò i miei sogni'. Quali sono i sogni dei giovani per una Chiesa missionaria?
“Dal 28 aprile al 1 maggio prossimo saremo a Sacrofano, vicino Roma. Giovani con la missione nel cuore provenienti da tutta Italia che insieme si porranno queste domande: ‘Quali sono i miei sogni? Come sogno questa Chiesa? Cosa posso fare io?’. Sarà un’occasione irripetibile. Di certo i giovani sognano una Chiesa missionaria, che per dirsi tale deve essere coerente alle proprie origini, riscoprire la nudità del Vangelo. Non c’è spazio per la chiusura e per il giudizio. Questo i giovani lo sanno bene, più di chiunque altro”.

Mentre ad ottobre si svolgerà il Sinodo sui giovani: in quale modo la Chiesa parla ai giovani del discernimento missionario?
“Lo fa grazie a donne e uomini che testimoniano il Vangelo con la propria vita ogni giorno. Il sacerdote che opera dall’altra parte del mondo, la suora che assiste gli ammalati, una madre o un padre di famiglia, un giovane che studia o lavora per costruirsi un futuro. Sono missionari. Tutti loro. Lo siamo anche io e lei.

Quando scegliamo di metterci al servizio, con i nostri sogni, le nostre speranze, i nostri talenti e le nostre paure, siamo parte viva di questa Chiesa, missionari e annunciatori del Vangelo di Cristo. Ci apprestiamo a vivere il prossimo Sinodo con questa consapevolezza. Solo così potremo riconoscerci come Chiesa specchiandoci negli occhi dei giovani che ci osservano e che hanno scelto di trovare la propria Vocazione, il proprio posto nel mondo”.