In particolare – ha aggiunto – le donne che vivono in contesti rurali “coltivano vite, relazioni e società, mostrando che gli uomini fanno il loro meglio quando si servono l’uno con l’altro”. Per questo, c’è bisogno di fornire alle donne le “condizioni necessarie per fiorire e mettere a frutto il loro potenziale”, e questo da un punto di vista economico “significa garantire alle donne eguali diritti nell’accesso a terra, acqua, sementi, contratti legali, mercato e finanze”, ma anche il loro diritto ad essere nutrite e curate in maniera adeguata, e la possibilità di avere una educazione superiore per mettere a frutto i loro talenti.
Il 15 marzo, la Santa Sede ha promosso un side event - evento a margine, dedicato alla “Educazione Integrale delle donne in zone rurali”. Nel suo intervento introduttivo, l’arcivescovo Auza ha rimarcato che l’agenda 2030 delle Nazioni Unite ha proprio l’obiettivo di garantire che a partire dal 2030 tutti abbiamo accesso a una educazione primaria e secondaria libera, eguale e di qualità, e che questo è già fatto nelle scuole cattoliche, che educano 68 milioni di studenti nel mondo ogni anno. Non è abbastanza – ha aggiunto – dare la possibilità di avere accesso alle scuole. È piuttosto importante fornire una educazione di qualità”.
Il 16 marzo, la Santa Sede ha sponsorizzato un altro “side event” dedicato alla “Prevenzione del Traffico di Esseri Umani tra le donne rurali”.
L’arcivescovo Auza ha sottolineato che, se è vero che buona parte dell’attenzione sul traffico di esseri umani è stato focalizzato nelle città, le vittime del traffico provengono soprattutto da villaggi rurali e piccoli paesi perché è lì che si sperimenta la vera marginalizzazione, e ha notato il grande lavoro delle donne cattoliche e delle comunità religiose che vanno proprio in queste periferie a combattere le cause alla base del traffico di esseri umani.
Come detto, i temi della Commissione dello Status delle donne sono utilizzati per inserire temi come il diritto all’aborto all’interno di convenzioni e documenti. Ogni anno la Commissione pubblica un documento conclusivo sul tema, e succederà anche quest’anno.
Una pre-bozza è stata già stilata, e i temi sono la povertà, l’educazione, la violenza contro le donne, le pari opportunità, ma ci sono delle nazioni – denuncia Elyssa Koren, che dirige il dipartimento Advocacy presso le Nazioni Unite di ADF international – che portano avanti una agenda ideologica e “racchiudono la richiesta di una cura sanitaria più che necessaria alla possibilità di avere accesso all’aborto, chiamato come ‘diritti riproduttivi’, sebbene la maggioranza delle nazioni, in particolare quelle che provengono dal mondo in via di sviluppo, si oppongano a questa dannosa interpretazione della salute delle donne. La Commissione dovrebbe cominciare a fare attenzione sul tema”.
Sono gli stessi Paesi in Via di Sviluppo che hanno mostrato preoccupazione del fatto che la Commissione è sotto l’influsso degli Stati occidentali, che supportano finanziariamente UN Women, l’agenzia ONU che guida la Commissione. “Si dovrebbe riconoscere – afferma Paul Coleman, direttore esecutivo di ADF International – che la maggioranza delle nazioni è in favore della vita e della famiglia e rifiuta le pressioni ideologiche per cambiare leggi e norme. La soluzione non è andare oltre la sovranità nazionale, ma di sviluppare un modello inclusivo che non metta da parte gli Stati membri che continuano ad affermare i valori tradizionali”.
Sono sempre gli stessi temi che hanno visto la Santa Sede in prima linea negli Anni Novanta alle Conferenze del Cairo e di Pechino, quando l’affermazione dei diritti sessuali e riproduttivi cominciò a trasformarsi nella richiesta di un diritto all’aborto indiscriminato.
Cina e Taiwan
Lo scorso 14 marzo, prima dell’udienza generale, Papa Francesco ha incontrato una delegazione del Dalongdong Baoan Temple di Taipei, Taiwan. In quell’occasione, Liao Wu-jyh, presidente del tempio, ha dato a Papa Francesco una lettera in cui ha chiesto di continuare a tenere relazioni diplomatiche tra Taiwan e la Santa Sede.
La questione non è di poco conto. C’è una trattativa in corso tra Santa Sede e Cina sulla nomina dei vescovi e questa non riguarda le relazioni diplomatiche, interrotte nel 1951 dopo l’espulsione di tutti i missionari stranieri, molti dei quali si rifugiarono a Hong Kong, Macao e Taiwan. Nel 1952, Papa Pio XII rifiutò di stabilire una Chiesa cinese separata dalla Santa Sede e quindi riconobbe l'indipendenza di Taiwan, dove il nunzio apostolico si stabilì dopo l'espulsione della Cina. Dal 1971, da quando Taiwan è stato escluso dal concerto delle nazioni, non sono stati più nominati nunzi per la Cina, ma solo incaricati di affari.
Nel caso si arrivasse a discutere l’apertura di eventuali relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Cina, una delle condizioni sarebbe la chiusura della nunziatura di Taiwan, che Pechino considera poco più di una provincia ribelle.
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I 75 anni di relazioni tra Santa Sede e Taiwan sono stati celebrati in un doppio convegno alla Pontificia Università Urbaniana e poi a Taipei lo scorso ottobre, e in occasione del Convegno all’Urbaniana l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha sottolineato che la Santa Sede “continuerà ad essere un vostro compagno nella famiglia dei popoli”.
Nonostante le reciproche rassicurazioni, la pressione della Cina sulla Santa Sede è per Taiwan motivo di preoccupazione.
Nella lettera consegnata al Papa lo scorso 14 marzo, venivano menzionati appunto i 75 anni di amicizia tra le due nazioni e l’impegno di Taiwan nel proteggere la libertà religiosa – un tema, questo, molto critico nella Cina continentale. Nel corso dell’incontro, il Papa è stato anche invitato a visitare Taiwan.
L’invito a Taiwan e la richiesta di non chiudere i rapporti diplomatici sono arrivati mentre, a Casina Pio IV, si teneva un convegno sulle moderne schiavitù, il traffico di esseri umani e l’accesso alla giustizia per i poveri e i vulnerabile. Organizzato a porte chiuse dalla Pontificia Accademia per la Scienze Sociali nell’ambito dell’iniziativa “Ethics in Action”, il convegno includeva un discorso iniziale dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher e vedeva la partecipazione di un funzionario cinese, Wang Haibo.
È la seconda volta che Wang Haibo partecipa ad un convegno a Casina Pio IV. Nel 2017, aveva partecipato ad un altro appuntamento vaticano sul traffico di organi con Huan Jiefu, presidente del Comitato Nazionale Cinese per la donazione e il trapianto di organi. La presenza del funzionario cinese è stata molto enfatizzata dal Global Times, giornale ufficiale cinese in lingua inglese che spinge molto per un accordo Santa Sede – Cina, cui Papa Francesco ha concesso una intervista due anni fa.
Secondo Wang, al di là della questione del trapianto di organi, Cina e Vaticano hanno cominciato una serie di scambi in campo culturale e scientifico che stanno avvicinando le parti.