Città del Vaticano , mercoledì, 14. marzo, 2018 13:00 (ACI Stampa).
La Chiesa in Terrasanta deve avere la consapevolezza di essere chiamata a dare “uno stile cristiano” alla sua presenza, che significa anche fare cultura e andare alle radici, perché una delle più grandi crisi è quella della perdita della memoria. La pensa così l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme. A Roma per la visita ad Limina della Conferenza Episcopale Latina delle Regioni Arabe, parla con ACI Stampa dell’incontro con il Papa e delle sfide che vive la sua comunità e tutto il Medio Oriente.
Come è stato l’incontro con Papa Francesco?
È stato lungo, di quasi un paio di ore. Per me era la prima volta come membro di un ad limina. La visita dei dicaseri è stata interessante, ci ha dato uno sguardo di insieme. L’incontro con Papa Francesco è stato un incontro ad ampio raggio. La nostra conferenza episcopale è sui generis, include territori molto diversi. Ad ogni modo, ci sono dei problemi comuni: i conflitti presenti nelle regioni che amministriamo e la convivenza con l’Islam sono stati i temi di tutti. Ciascuno di noi ha parlato della sua esperienza, e della sua prospettiva. Si è trattato di un incontro libero, informale, con il quale abbiamo messo il Santo Padre al corrente della nostra situazione e abbiamo voluto sentire il suo incoraggiamento, la sua visione, e le sue domande.
Dopo la decisione del presidente statunitense Trump di spostare l’ambasciata USA a Gerusalemme ha suscitato forti reazioni in Medio Oriente, e anche da parte delle Chiese locali, che più volte si sono pronunciate per lo status quo, così come ha fatto Papa Francesco. Quanto la questione Gerusalemme ha peso nei Paesi della vostra conferenza episcopale?
Nella vita ordinaria non credo più di tanto: la nostra Conferenza Episcopale ha una grande varietà di Paesi, alcuni molto lontani, difficilmente si parla continuamente della situazione in Medio Oriente. Però il tema ha un peso forte per i cristiani.