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Cardinale Parolin sulle migrazioni: la sfida è cambiare atteggiamento

Cardinale Parolin | Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano | Marco Mancini / ACI Group Cardinale Parolin | Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano | Marco Mancini / ACI Group

Abbandonare la “cultura dominante” dello scarto e del rifiuto, e così cambiare atteggiamento nei confronti dei migranti: è questa la sfida più grande per l’International Catholic Migration Commission, nelle parole del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

Un lavoro culturale particolarmente importante – ha sottolineato il Cardinale – in vista dei Global Compact sulle migrazioni e sui rifugiati in discussione alle Nazioni Unite, per creare una cultura dell’accoglienza ma anche per sviluppare vie sicure di migrazione. Il tema, infatti, è cruciale, ed è al centro “di ogni incontro che ho con le autorità di governo che vengono in Vaticano o che vado a visitare”.

L’ICMC si riunisce a Roma in Assemblea Plenaria, rinnovare il suo direttivo. Composta dai responsabili migrazioni delle conferenze episcopali di tutto il mondo, la Commissione fu voluta da Pio XII che – ricorda il Segretario di Stato vaticano – volle così far fronte al massiccio spostamento di rifugiati”.

Si trattava di un “organismo cattolico internazionale di informazione, di coordinamento e di rappresentanza per le migrazioni”, e coinvolse sin dall’inizio i vescovi delle nazioni più colpite dagli spostamenti migratori, che elaborarono gli Statuti poi approvati nel 1951.

Nel suo intervento di apertura della plenaria, il Cardinale Parolin ripercorre passo passo l’avventura dell’ICMC, chiamata a promuovere “l’applicazione dei principi cristiani in tema di migrazioni e di politiche riguardanti le popolazioni e di far adottare tali principi dalle organizzazioni internazionali, governative e non governative, in modo particolare in favore dei diritti della famiglia”.

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Questo lavoro – ricorda il Cardinale Parolin - ha fatto guadagnare all’ICMC la stima della comunità internazionale, non solo con lavoro sul campo, ma anche con la pubblicazione di ricerche e guide con importanti istituzioni internazionali.

Ora l’ICMC collabora con la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, ma anche con la Seconda Sezione della Segreteria di Stato, e il suo apporto è importante nel dibattito che sta portando ai due Global Compacts (accordi globali) per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare e sui Rifugiati – non a caso monsignor Robert Vitillo, segretario generale dell’ICMC, è stato recentemente ad un side event sulle migrazioni organizzato dalla Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

Due documenti - ricorda il Cardinale Parolin - "dei quali sono in corso, rispettivamente i negoziati e le  consultazioni". L'auspicio della Santa Sede è che possano realmente rispondere alle necessità di una  migliore protezione e di tutela dei diritti umani di queste persone, di fronte alle reticenze, ai ripensamenti ed alle titubanze di vari 
Stati, portando ad una reale ed equa collaborazione e condivisione a  livello internazionale delle responsabilità e degli oneri legati  all’accoglienza". 

Quali devono essere le caratteristiche dell’ICMC? Il Cardinale Parolin ricorda che la commissione nasce per sostenere “le famiglie migranti”, che spesso arrivano nei Paesi di destinazione dopo aver sperimentato “violenze e abusi” e vivono impensate “difficoltà e miseria”, e che hanno bisogno di un sostegno per essere tenute insieme.

La Chiesa – aggiunge il Segretario di Stato vaticano – “non può trascurare” nemmeno il problema dei famigliari rimasti in patria, mentre in molti casi il coniuge non riesce a tornare. È – afferma il Cardinale – “un aspetto delicato della migrazione, purtroppo diffuso, che chiede maggiore attenzione e accompagnamento”.

Ma c’è soprattutto il grande tema del “rifiuto dell’accoglienza”. Le nazioni devono “innegabilmente molto del loro sviluppo ai migranti”, ma nonostante questo e il fatto che si sappia delle esperienze terribili che causano le migrazioni, “la migrazione è vista oggi solo come emergenza, o un pericolo”.

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Per questo ci vuole un “cambio di atteggiamento”, con un “lavoro di sensibilizzazione e di informazione nel quale la vostra commissione può aiutare la Chiesa Cattolica a dissipare tanti pregiudizi e paure infondate che riguardano l’accoglienza degli stranieri e diffondere una percezione equilibrata e positiva della migrazione”, seppur “senza nasconderci l’impegno che l’accoglienza richiede sotto molti aspetti”.

Si tratta di un lavoro importante, in vista dell’interregno che ci sarà tra la conclusione dei negoziati intergovernativi sui Global Compacts (ci si riunisce una volta al mese, per sei mesi) e la Conferenza di Marrakech del 10-11 dicembre chiamati ad adottarli.

Ma non tutto è negativo. Il Cardinale Parolin nota che agli atteggiamenti di chiusura si contrappongono “quelli di molti giovani che ritengono la migrazione come una dimensione normale della nostra società”, e per questo il contributo dell’ICMC può dare uno “speciale contributo per creare vie alternative e sicure di migrazione, specialmente ove queste sono forzate da eventi e disastri”.