Tirana , lunedì, 5. marzo, 2018 12:00 (ACI Stampa).
A venti anni dal documento “Nuove Vocazioni per una Nuova Europa”, conosciuto come “In Verbo Tuo”, i responsabili della Pastorale Vocazionale delle Conferenze Episcopali Europee trovano ancora le difficoltà descritte dal documento. Ma ci tengono a sottolineare che la crisi delle vocazioni non è nera come viene spesso descritta. E questo è cruciale in vista del prossimo Sinodo dei Giovani.
Il Congresso della Commissione Vocazioni – Evs (European Vocation Service) ha avuto come tema la pastorale vocazionale in Europa. Vi hanno partecipato una cinquantina di delegati rappresentanti delle Conferenze Episcopali nazionali, provenienti da 17 Paesi europei.
Invitati dal vescovo Ottavio Vitale di Lehze, responsabile per la pastorale vocazionale della Conferenza Episcopale Albanese, i delegati hanno discusso della bellezza della vocazione, ma hanno anche compiuto un pellegrinaggio al Santuario nazionale della Madonna del Buon Consiglio (Patrona dell’Albania) a Scutari, dove hanno visitato il Museo-ex carcere (presso l’attuale monastero delle Clarisse) della polizia segreta albanese (“Sigurimi”) ai tempi del regime, dove si è anche pregato e riflettuto dei 38 martiri albanesi uccisi per la loro fede, segno di una vocazione “vissuta in pienezza”, sottolinea una nota del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.
È stato padre Amedeo Cencini, docente presso l’Università Salesiana e l’Istituto di Psicologia dell’Università Gregoriana a Roma, a proporre una analisi dello stato delle vocazioni in Europa, sottolineando che la formula “crisi delle vocazioni” è perlomeno imprecisa. Secondo padre Cencini, è vero che c’è una ideologia secolare sempre più globale e generalizzata che porta ad un trend vocazionale negativo, ma questo vale solo per le vocazioni classiche tradizionali. Ma ci sono poi le vocazioni di vita consacrata, che di fatto estendono il concetto di vocazione.
Il tema del diffuso secolarismo è al centro anche del documento In Verbo Tuo, che era al centro dei lavori. In particolare, al numero 11 del documento si legge che “una cultura pluralista e complessa tende a generare dei giovani con una identità incompiuta e debole con la conseguente indecisione cronica di fronte alla scelta vocazionale”.