La nomina è cruciale per la diplomazia del Papa, specialmente in ambito ecumenico. Dopo il viaggio nel Caucaso in due tappe, che ha visto Papa Francesco visitare nel 2016 l’Armenia a giugno 2016, e poi Georgia ed Azerbaijan ad ottobre 2016, si sono intensificati i rapporti ecumenici. Ai padri stimmatini missionari in Georgia e presenti al capitolo generale che ha eletto il nuovo superiore, il Papa ha chiesto con calore di salutare il Patriarca Ilia II. Mentre si parla di un prossimo evento in comunione con la Chiesa Apostolica Armena in Vaticano, che dovrebbe riguardare San Gregorio di Narek.
I settanta anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Per celebrare i settanta anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, si è tenuto un incontro di Alto Livello durante la 37esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra. Anche la Santa Sede ha dato il suo contributo, con un discorso pronunciato dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali di Ginevra.
L’arcivescovo ha messo in luce che la dichiarazione “non fu formulata come una costruzione filosofica o legale di tipo astratto”, ma piuttosto una risposta concreta alle ferite causate all’umanità dai campi di sterminio di massa della seconda guerra mondiale e dalla minaccia della bomba atomica.
Si tratta – ha detto l’Osservatore della Santa Sede – di “un atto fondamentale attraverso il quale popoli, Stati e istituzioni internazionali affermano” riconoscono il diritto inalienabile e l’eguaglianza tra tutti i membri della famiglia umana.
L’arcivescovo Jurkovic ha ricordato che San Giovanni Paolo II ha descritto il documento come “una pietra miliare nel lungo e difficile percorso della razza umana”, ma che allo stesso tempo “è doloroso vedere come molti diritti fondamentali continuino ad essere violati oggi”, come ha detto Papa Francesco quasi quaranta anni dopo il Papa polacco.
Quali i punti importanti per la Santa Sede? Innanzitutto, la ricerca della pace, che “non viene concepita come una assenza di violenza, ma anche include cooperazione solidarietà”, e per questo “al fine di promuovere o ristabilire la pace, è necessaria la giustizia”.
Quindi, il nunzio ha puntato il dito contro la mancanza di riconoscimento della natura comune delle persone, che è “la principale causa” della violazione dei diritti umani, perché “i diritti fondamentali della persona umana sono indivisibili e universali perché non sono concessi da alcuno”, ma precedono le leggi che li riconoscono “dal concepimento alla morte naturale”. Per questo, togliere i diritti umani da questo contesto “significherebbe restringere il loro campo e ridurli ad una sfera relativistica, dove il significato, l’applicazione e l’interpretazione di ogni diritto divergerebbe in inevitabili contraddizioni”.
Il riferimento implicito è ai cosiddetti diritti di terza e quarta generazione, che ampliano il tema dei diritti umani di fatto a volte discostandosi dall’applicazione stessa dei diritti originari previsi dalla Carta: un tema di grande discussione.
Tra i diritti più in discussione, quello sulla libertà di religione o di credo. La Santa Sede da sempre sottolinea che questi siano “la cartina di tornasole” di tutti i diritti umani, di cui rappresentano “la sintesi e la pietra miliare”, perché “la natura trasversale della libertà religiosa richiede protezione eguale ed efficace”.
Contro la marginalizzazione della religione
Il 2 marzo a Ginevra si è discusso il Rapporto Speciale sulla libertà religiosa e di credo. La Santa Sede ha sottolineato che “il diritto di godere del diritto di religione e credo” apre ad opportunità mai viste in un mondo sempre più interconnesso, ma anche solleva complesse difficoltà di organizzazione e legali per gli Stati.
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E questo perché “molte società nel mondo sembrano adottare un attitudine di rifiuto verso la religione”, marginalizzando o persino perseguitando le minoranze religiose, sia che ci siano da sempre o che siano arrivate da poco.
Le leggi che discriminano le minoranze religiose sono “sfortunatamente troppo presenti del mondo”, e ci sono Stati che semplicemente “mancano la loro responsabilità di proteggere attivamente le loro minoranze religiose quando queste sono attaccate da attori non Statali o anche da un difficile accesso alla giustizia e a processi giusti.
Ma la Santa Sede punta anche il dito contro quelli Stati che permettono e coltivano “una ideologia radicale e culturale che nega i sentimenti religiosi dei loro cittadini”, sebbene sia ormai evidente che “una società basata sul rispetto della libertà di religion e credo sia più forte e non più debole”
L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che il bene comune “è l’obiettivo verso cui tutti gli Stati, e per estensione la comunità internazionale, aspirano. Può essere “determinato o raggiunto” solo attraverso un inclusivo processo di dialogo e nel cercare il vero significato dei diritti e delle libertà fondamentali di ciascuno.
C’è in generale - denuncia la Santa Sede - una tendenza “riduttiva” sulla religione”, che viene percepita a volte anche “in alcuni quartieri delle agenize e organizzazioi internazionali”, in cui “ideologie e nozioni controverse non in linea con strumenti internazionali la saggezza religiosa e i sentimenti di gran parte dell’umanità” sono promossi o imposti”.
Non si tratta di una posizione rara. Eppure, questa posizione “non fa altro che indebolire queste istituzione”, e di grande preoccupazione per la delegazione della Santa Sede è la sempre più diffusa espressione – contenuta nel Rapporto - di “libertà dalla religione”, che rivela “un paternalistico senso della religione, andando al di là del mandato del Rapporto Speciale”.