Città del Vaticano , venerdì, 2. marzo, 2018 17:08 (ACI Stampa).
Continuano i Venerdì della Misericordia di Papa Francesco. Questo pomeriggio il Pontefice si è recato senza alcun preavviso per la circostanza, nel quartiere dell’Eur a Roma, dove si trova la Casa di Leda, una residenza confiscata alla criminalità organizzata che ora ospita una casa protetta per donne detenute con figli minori.
“Questo tipo di struttura – riporta una nota ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede - è la prima ad essere allestita in Italia, ed al momento è unica nel suo genere”.
Il Responsabile dell’area, il Dott. Lillo Di Mauro, ha raccontato al Papa gli sforzi fatti per allestire la struttura, l’importanza di restituire alla società uno spazio riqualificato e al contempo sviluppare un progetto di civiltà e di grande umanità.
"Santità, Padre caro, siamo gli invisibili". Con queste parole ha dato il benvenuto il Dottor Di Mauro: "Noi siamo alcuni delle migliaia di bambine e bambini figli di genitori reclusi nelle carceri italiane che viviamo con loro in carcere o andiamo a trovarli (...) Per difendere la dignità dei nostri genitori detenuti ci raccontano bugie facendoci credere di entrare in un collegio o in un posto di lavoro. Veniamo perquisiti, violentati nella nostra intimità dalle mani di adulti sconosciuti, che ci tolgono i peluche, i poveri giocattoli che sono i nostri amici per aprirli, controllarli, a volte ci tolgono anche le mutandine per assicurarsi che le nostre mamme non vi abbiano nascosto droghe".
"Siamo fiori fragili", ha aggiunto il Responsabile della Casa di Leda, "nel deserto della burocrazia e delle misure di sicurezza, nell'indifferenza di adulti alienati dal brutto e dal violento lavoro. Per molti siamo statistiche: 4,500 bambini che hanno una mamma in carcere, circa 90 mila quelli che hanno un papà detenuto. Anche i nostri genitori a volte speculano su di noi. Per non essere additati raccontiamo che nostro padre lavora in paesi fantastici e lontani e nostra madre è una regina. Per difenderci diventiamo aggressivi e intrattabili, ma non siamo cattivi, sono gli altri che ci vedono e ci vogliono così: "Siamo i figli dei detenuti".