Città del Vaticano , martedì, 16. giugno, 2015 9:00 (ACI Stampa).
“Custodire il creato, custodire l’intera creazione”. Quello ambientale è certamente uno dei temi chiave del pontificato di Francesco. Il Papa lo ha ribadito fin da subito, fin dalla Messa di inizio del ministero petrino il 19 marzo 2013. E ora questa colonna portante si inserisce nella grande tradizione delle encicliche sociali dei Romani Pontefici.
Gli ultimi Papi hanno ciclicamente riportato la questione ambientale in generale o alcuni aspetti in particolare all’attenzione dei fedeli e degli uomini di buona volontà. Mentre aspettiamo di conoscere le posizioni di Papa Francesco, è bene ricordare alcuni passaggi del magistero dei suoi predecessori.
Riferendosi, ad esempio, alla questione agricola – che non può essere estrapolata da un più ampio segmento ‘ecologico-ambientale’, nella Mater et Magistra del 1961 San Giovanni XXIII si appella a coloro i quali sono deputati a farlo “perché negli ambienti agricolo-rurali abbiano sviluppo conveniente i servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni, l’acqua potabile”.
Nel 1971 è il Beato Paolo VI ad intervenire nella Lettera apostolica Octagesima Adveniens. Al numero 21 Papa Montini scrive: “Mentre l’orizzonte dell’uomo si modifica, in tale modo, tramite le immagini che sono scelte per lui, un’altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica quanto inattesa dell’attività umana. L’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana. A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato ormai comune.”
San Giovanni Paolo II fu un vero e proprio amante della natura, un tema che ha trovato ampio spazio nel suo lungo pontificato. Nella enciclica Centesimus Annus del 1991 Papa Wojtyla si diceva preoccupato per la questione ecologica: “L’uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. Pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà come se essa non avesse una propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui".