Macerata , martedì, 20. febbraio, 2018 15:00 (ACI Stampa).
Virginio Rigoldi, detto Gino, nasce a Milano, nel quartiere di Crescenzago. Dopo le scuole elementari, frequenta l’avviamento professionale, che gli consente di trovarsi un lavoro come operaio presso una piccola azienda di apparecchiature elettriche. A 18 anni entra nel seminario arcivescovile di Venegono.
Dopo aver completato gli studi, il rettore gli chiede di lavorare come vicerettore al collegio ‘De Filippi’ di Varese, dove impara a confrontarsi con i giovani e gli adolescenti. Ed è soprattutto nell'offrire aiuto ai ragazzi più bisognosi che Rigoldi ritrova la ragione del suo voler essere prete. Nel 1967 è ordinato sacerdote. Resterà 4 anni al ‘De Filippi’, finché, nel 1971, verrà mandato in una parrocchia di San Donato Milanese. Un anno dopo chiede ed ottiene di diventare Cappellano dell’Istituto penale per minorenni ‘Beccaria’.
Ben presto don Rigoldi inizia ad ospitare in casa sua quei giovani che, una volta usciti dal carcere minorile, non hanno famiglia o posto dove andare. In questo è aiutato anche da alcuni volontari legati al carcere minorile che, insieme ai servizi sociali pubblici, sostengono concretamente i ragazzi nella ricerca di un lavoro o nella ripresa dell'attività scolastica. Progressivamente quest'attività si allarga: nascono altre comunità di alloggio, sempre con l'aiuto di volontari ed educatori. Nel 1973 è fondato il ‘Gruppo Amici del Beccaria’, che nel 1975 si trasformerà nella ’Comunità nuova’. L’associazione, di cui egli è presidente, ha come scopo l’inserimento sociale dei ragazzi che, una volta usciti dalla detenzione, non hanno un contesto relazionale adeguato che li accolga.
Inoltre sono aperte diverse sedi di accoglienza, per alloggiare i senza casa: di quegli anni va ricordata, in particolare, la battaglia contro la droga e sono anche avviati alcuni progetti per il recupero e per la formazione professionale, molti di questi in collaborazione con enti pubblici e locali. Lo abbiamo incontrato a Macerata, invitato a parlare sul rapporto tra giovani ed adulti dal circolo ‘Aldo Moro’: “La mia esperienza dice che sono aumentati i ragazzi e le ragazze italiani in carcere per reati contro le persone. In carcere devo faticare per prendere coscienza del male che hanno fatto”.
Perché il ‘conflitto intergenerazionale’ non esiste più?