Città del Vaticano , lunedì, 22. gennaio, 2018 9:00 (ACI Stampa).
Durante tutto il suo viaggio in Cile e in Perù, Papa Francesco ha sottolineato l’importanza delle popolazioni indigene, ha richiamato alla loro lingua, ha fatto appello contro ogni sfruttamento. E sullo sfondo di questi appelli c’era il lavoro di una Fondazione Vaticana voluta da San Giovanni Paolo II proprio per aiutare le popolazioni indigene e campesinas.
Si chiama “Fondazione Populorum Progressio per l’America Latina”, è stata fondata nel 1992 ed è oggi affidata al Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale. Il 13 dicembre scorso si è riunito il Consiglio di Amministrazione della Fondazione a Roma, al culmine di una conferenza che ne celebrava il 25esimo anniversario. Il 14 dicembre, il Consiglio di Amministrazione è stato in udienza dal Papa.
Potevano essere previsti discorsi, dopo che Papa Francesco aveva mandato un messaggio per il 25esimo. Ma discorsi non ce ne sono stati, perché il Papa ha preferito avere un dialogo con i vescovi del Consiglio di Amministrazione, che lui conosce da tempo. E ha sottolineato loro – raccontano i partecipanti – l’importanza dell’essere meticci, e il vantaggio che proviene dal venire da una cultura plurale. Lo aveva detto anche il giorno prima, nell’omelia per la festa della Madonna di Guadalupe.
Come lavora la Fondazione Populorum Progressio? Raccoglie fondi da diversi donatori, tra i quali c’è la Conferenza Episcopale Italiana che invia fondi attraverso il Comitato di Interventi Caritativi a favore del Terzo Mondo. Anche il Papa contribuisce alla Fondazione con parte delle donazioni che riceve.
Presidente della Fondazione è il Cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e monsignor Segundo Tejado Munoz, sottosegretario del dicastero, è parte del Consiglio di Amministrazione.