Temuco , mercoledì, 17. gennaio, 2018 15:00 (ACI Stampa).
E’ il terzo giorno di Papa Francesco in Cile. Francesco arriva all’Aeroporto di “La Araucania” di Temuco per la seconda messa di questo 22esimo viaggio apostolico. Nell’aerodromo di Maquehe il Pontefice celebra la Messa “per il progresso dei popoli”. Tra i fedeli sono presenti rappresentanze delle popolazioni originarie dell’Araucania che animano la celebrazione con elementi tipici e tradizionali.
La Messa a Temuco è uno dei momenti fondamentali del viaggio apostolico in Cile e Perù. Francesco qui incontra per la prima volta le popolazioni mapuche cilene e le popolazioni indigene.
La “questione mapuche”, risale ai primi decenni dell’indipendenza. Quando, a partire dal 1867, il nuovo Stato realizzò una campagna militare di occupazione dell’Araucanía, fino a quel momento autonoma. Il popolo che per tre secoli aveva resistito agli spagnoli perse 9,5 milioni di ettari di terra e fu confinato in riserve. Da allora, i nativi reclamano riparazione e autonomia. Il braccio di ferro, a lungo latente, si è riacceso con la fine della dittatura. Nel 1993 fu approvata una legge che prevedeva un sistema di indennizzi e restituzione ma i buoni propositi sono rimasti sulla carta. Durante il regime militare e la sua politica di ulteriore compressione dei diritti dei nativi, i vescovi hanno offerto spazi di libertà ai dirigenti della comunità. Favorendo la trasmissione della storia, della lingua e delle tradizioni indigene, con la creazione, nel 1978, dei centri culturali mapuche.
“Molte generazioni di uomini e donne hanno amato e amano questo suolo con gelosa gratitudine – inizia proprio così il Papa la sua omelia - E voglio soffermarmi e salutare in modo speciale i membri del popolo Mapuche, così come gli altri popoli indigeni che vivono in queste terre australi: Rapanui (Isola di Pasqua), Aymara, Quechua e Atacama, e molti altri”.
Francesco riconosce il dolore profondo di queste terre e auspica l’unità: “Quante lacrime versate! Oggi vogliamo fare nostra questa preghiera di Gesù, vogliamo entrare con Lui in questo orto di dolore, anche con i nostri dolori, per chiedere al Padre con Gesù: che anche noi siamo una cosa sola. Non permettere che ci vinca lo scontro o la divisione. Questa unità, implorata da Gesù, è un dono che va chiesto con insistenza per il bene della nostra terra e dei suoi figli. Ed bisogna stare attenti a possibili tentazioni che possono apparire e inquinare dalla radice questo dono che Dio ci vuole fare e con cui ci invita ad essere autentici protagonisti della storia”.