Santiago , martedì, 16. gennaio, 2018 20:45 (ACI Stampa).
“Chiediamo perdono a tutti quelli che abbiamo ferito con i nostri delitti”, dice Janeth. “Grazie perché ci ricordi questo atteggiamento senza il quale ci disumanizziamo, perdiamo la coscienza di aver sbagliato e che ogni giorno siamo chiamati a ricominciare”, risponde Papa Francesco. E’ un bellissimo incontro quello tra il Pontefice argentino e le recluse del Centro Penitenciario Femenino di Santiago, in Cile.
Il Papa si è recato questo pomeriggio nel carcere femminile più grande del Cile: “Gesù ci invita ad abbandonare la logica semplicistica di dividere la realtà in buoni e cattivi, per entrare in quell’altra dinamica capace di assumere la fragilità, i limiti e anche il peccato, per aiutarci ad andare avanti”.
Il Centro Penitenciario Femenino di Santiago è intitolato a “San Joaquín”. Dal 24 aprile 1864 al 31 maggio 1996 viene affidato, per decisione del governo cileno, alla Suore della Congregazione del Buon Pastore. Per oltre 100 anni, la popolazione carceraria risulta composta da detenute che hanno commesso crimini minori, come il furto. Ma nel tempo la situazione cambia: con l'aumento del traffico di droga e della tossicodipendenza, vengono detenute donne colpevoli di delitti gravi, tanto che se fino al 1980 la popolazione carceraria non supera le 160 persone, già nel 1998 diventa di circa 600. E negli anni Duemila, le prigioniere sono più di 1.400, in un carcere che dispone di 855 posti. Oggi, il Centro “San Joaquín” accoglie circa il 45% delle donne detenute in tutto il Cile, con problemi di sovraffollamento che la Chiesa locale segue con molta attenzione, tramite il Servizio per la Pastorale Carceraria.
Il Papa nel suo discorso racconta l’emozione dell’incontro con le recluse: “Quando sono entrato, mi aspettavano due mamme con i loro figli e con dei fiori. Sono state loro a darmi il benvenuto, che si può esprimere in due parole: madre e figli. Madre: molte di voi sono madri e sapete cosa significa dare la vita. Avete saputo portare nel vostro seno una vita e l’avete data alla luce. La maternità non è e non sarà mai un problema, è un dono, uno dei più meravigliosi regali che potete avere. Oggi siete di fronte a una sfida molto simile: si tratta ancora di generare vita. Oggi vi è chiesto di dare alla luce il futuro. Di farlo crescere, di aiutarlo a svilupparsi. Non solo per voi, ma per i vostri figli e per tutta la società. Voi, donne, avete una capacità incredibile di adattarvi alle situazioni e di andare avanti”.
“La seconda parola è figli – continua il Papa rivolgendosi a Janeth e a tutte le donne presenti - essi sono forza, sono speranza, sono stimolo. Sono il ricordo vivo che la vita si costruisce guardando avanti e non indietro. Oggi siete private della libertà, ma ciò non vuol dire che questa situazione sia definitiva. Niente affatto. Sempre guardare l’orizzonte, in avanti, verso il reinserimento nella vita ordinaria della società. Il reinserimento dovete esigerlo voi stesse dalla società. E la società ha l'obbligo di reinserire ognuna di voi".