Il nunzio ha raccontato di aver visto file di persone che “per 16 ore aspettavano di poter passare la linea ed andare da una parte all’altra”, e “donne che si accasciavano, a volte morte di freddo per aspettare il controllo”. Una storia che “deve finire”, e che ricorda “momenti bui della nostra storia europea e mondiale”.
Il nunzio ha poi ricordato l’impegno del Papa, che continua. Si riferisce, in particolare, all’iniziativa “Papa per l’Ucraina”, lanciata dalla Colletta straordinaria dell’Ucraina e portata avanti attraverso un comitato coordinato dalla Santa Sede che ha fatto una lista di priorità.
“Siamo riusciti – ha raccontato il nunzio – ad arrivare a 500 mila persone assistite con il fondo che il Papa ha destinato per il Paese, ed altri 5 milioni di euro sono stati appena stanziati”. Ma l’aiuto “non servirà a niente” se le case restaurate vengono di nuovo bombardate.
Il nunzio ha quindi invitato a guardare il Bambino negli occhi per “imparare a guardarci negli occhi, senza quella malattia terribile e mortale che è l’odio reciproco”. E ha sottolineato che il Papa invita che “al rumore delle armi si sostituisca la gioia dell’abbraccio”.
Le relazioni Santa Sede – Russia
Sullo scenario ucraino, la Santa Sede ha la necessità anche di mantenere buone relazioni con la Russia. La recente visita in Russia del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha rafforzato relazioni che già vivevano di una nuova primavera dopo l’incontro tra Papa Francesco e Kirill a Cuba. La dichiarazione congiunta del Papa e il Patriarca, ricevuta in Ucraina con tutte le riserve del caso, ha in qualche modo rinsaldato i rapporti.
Lo ha spiegato Alexander Avdeev, ambasciatore di Russia presso la Santa Sede, in una intervista all’agenzia di Stato russa Ria Novosti. Nell’intervista l’ambasciatore Aveev ha detto che il rapporto tra Russia e Santa Sede è caratterizzato da “una maggiore fiducia”, date dalle due visite del presidente russo Vladimir Putin in Vaticano e anche le conversazioni telefoniche tra i due. L’ambasciatore ha sottolineato anche la vicinanza di Vaticano e Russia su “questioni di politica estera”, e ha notato che “il Vaticano è interessato alla pace in tutte le regioni” e che la parola del Papa spesso è più importante delle posizioni di ministri e presidenti per il miliardo e 200 milioni di cattolici nel mondo.
Il segnale che i rapporti sono ottimi – ha detto l’ambasciatore – è dato dalla visita del Cardinale Parolin, il primo Segretario di Stato vaticano ad essere ricevuto dal presidente Putin. La cooperazione internazionale con il Vaticano continua con “incontri regolari” tra il “ministro degli Esteri vaticano”, l’arcivescovo Gallagher, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov: l’ultimo incontro è avvenuto a dicembre, per la riunione ministeriale dell’OSCE a Vienna.
Cristiani perseguitati
Tra le ottime relazioni bilaterali, Avdeev ha segnalato la collaborazione con i Musei vaticani per la mostra “I Romanov e il Soglio Pontificio”, ma anche l’ospitalità del Bambino Gesù. Di certo, uno dei grandi temi è quello della difesa dei cristiani perseguitati.
Quello dei cristiani perseguitati è un tema che ha segnato particolarmente la settimana di Natale. Per la prima volta dopo tanti anni si è potuta celebrare la Messa di Natale a Mosul, dopo che la città è stata finalmente liberata dalle milizie dello Stato Islamico. Vi hanno partecipato almeno 100 cristiani, e un ritratto di un cristiano ucciso dall’ISIS a Mosul è stato eretto fuori la chiesa, un doloroso ricordo della recente storia della città.
Da Lisbona, il Cardinale Manuel Clemente ha denunciato nella notte di Natale le persecuzioni religiose del nostro tempo, mettendo in guardia dal rischio di totalitarismo, e ha puntato il dito contro i poteri che "mancano di rispetto alle coscienze e discriminano per ragioni religiose", a immagine di ciò che è accaduto agli imperatori romani nel caso dei primi cristiani, in un "contrasto tra la grandezza dell'Impero e l'umiltà del Natale".
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Migrazioni: un percorso ecumenico e interreligioso
La Giornata Mondiale della Pace è dedicata ai “Migranti: uomini e donne cercatori di pace”, ed sarà sicuramente la traccia del discorso di Papa Francesco ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede il prossimo 8 gennaio. La Santa Sede ha proposto 20 raccomandazioni, e partecipa attivamente ai negoziati sui “Global compacts”, gli accordi globali delle Nazioni Unite sulle migrazioni che si terranno il prossimo anno.
C’è un dialogo costante tra la Santa Sede e le varie organizzazioni cattoliche impegnate sul territorio, e tra queste c’è l’ICMC (International Catholic Migration Commission), confederazione composta dagli uffici migrazioni delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. Lo scorso 14 dicembre, a Ginevra, monsignor Robert Vitillo, segretario generale dell’ICMC, ha sottolineato che il tema delle migrazioni va affrontato in un dialogo tra tutte le religioni.
“Credo fermamente – ha detto – che il dialogo e la cooperazione pratica tra cristiani, musulmani, e tutte le persone di fede buona volontà possano eventualmente eliminare le tensioni che crescono da una mancanza di familiarità diretta con persone le cui culture, fedi, tradizioni ed identità etniche possano differire dalle nostre”.
Monsignor Vitillo ha notato che in nazioni come la Malesia, la Giordania e il Pakistan, lo staff cristiano e musulmano dell’ICMC lavorano fianco a fianco”.
L’intervento era parte dell’evento “Migrazione e solidarietà umana, una sfida e una opportunità per l’Europa e la regione MENA”, organizzato dal Centro di Ginevra per l’avanzamento dei Diritti Umani e per il Dialogo Globale.