Carpi , sabato, 6. gennaio, 2018 9:00 (ACI Stampa).
Il bambino nato a Betlemme il giorno di Natale è il dono di Dio all’umanità. Non è solo il Messia destinato a Israele, ma anche il cercato delle genti, “perché con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (GS 22) ed è divenuto “luce per illuminare le genti. I Magi che giungono ad adorare il Bambino costituiscono la primizia e l’inizio dell’adorazione universale di Gesù Cristo, unico e insostituibile Salvatore del mondo.
I Magi giungono a Betlemme perché vedono un segno, una stella - Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo - che interpretano come una chiamata silenziosa e irresistibile a dirigersi verso il Signore.
Una stella che non è più sparita dall’orizzonte dell’umanità. Ora, infatti, è la Chiesa ad indicare Cristo. E’ mediante la predicazione del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti che essa annunzia e rende presente il Signore agli uomini, perchè tutti – come afferma san Paolo nella lettera agli Efesini - prendano parte alla sua stessa eredità per formare lo stesso Corpo e partecipare alla stessa promessa per mezzo del vangelo.
La missione costituisce, dunque, l’identità identità e la definizione stessa della Chiesa. Infatti, se il Signore rappresenta la passione della Chiesa, essa non può rinunziare a rivelarlo perché il Vangelo “è per tutti obiettivamente liberante”.
Diversi sono i modi di rapportarsi con Cristo, il Figlio di Dio nato nella carne. I Magi rappresentano coloro che cercano il Signore sinceramente e desiderano rendergli omaggio; gli scribi coloro che rimangono indifferenti davanti alla sua venuta, Erode coloro che vedono in Gesù una minaccia e fanno di tutto per eliminarlo. L’annuncio post-pasquale di Cristo morto e risorto da parte della Chiesa si trova a confrontarsi con persone di questo tipo. Infatti, riconoscimento gioioso, indifferenza priva di interesse e costante persecuzione accompagnano l’annuncio del Vangelo.