Il deserto può assumere diversi significati, per Charles de Foucauld è stato soprattutto il luogo dell’incontro con Dio e della purificazione-conversione. Dallo shock provato durante le spedizioni militari, al vedere gli uomini dell’islam prostrarsi per adorare il Dio altissimo appena ascoltavano il richiamo alla preghiera, lui che viveva “senza nulla credere e nulla rifiutare”, fino al suo peregrinare nel Sahara – dopo gli anni vissuti in monastero e i tre anni a Nazaret – nelle lunghe traversate per andare alla ricerca di “fratelli” e “sorelle” per far loro conoscere Gesù; il deserto è quello spazio immenso abitato da Dio. Il deserto fa paura quando è visto come luogo di assenza di vita e di ostilità, ma diventa parola di speranza se considerato luogo abitato da Dio e dagli uomini e le donne amati da Dio, luogo di incontri. Non per niente la Liturgia dell’Avvento vi ritorno diverse volte: «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore», proprio dal deserto risuona l’annuncio di speranza, la Buona Novella.
La spiritualità del dono, del darsi del beato Charles, cosa ci insegna oggi?
Ci ricorda innanzi tutto che la vita cristiana è fondamentalmente vita donata, a Dio e ai fratelli.
Charles ne era convinto, lo esprime senza mezzi termini nella cosiddetta Preghiera d’abbandono: “è per me un’esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani, senza misura”… Senza misura, corrisponde a una scelta radicale: «Appena ho conosciuto Dio non ho potuto fare diversamente che vivere solo per lui», confidava ad un amico carissimo. Ugualmente hanno cercato di fare coloro che si sono messi a seguire le sue tracce, a cogliere e viverne le intuizioni, per esempio René Voillaume, fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù, parlava di una “Vita di immolazione”, del dono totale nella quotidianità, ed esprimeva il concetto con un’immagine interessante: «La vita di un piccolo fratello è come il segno del pane, qualcosa che va spezzato, distribuito, donato», cioè senza misura. Ugualmente Piccola Sorella Magdeleine di Gesù, esigeva alle Piccole Sorelle, di amare le persone e il mondo “con tutto l’amore di cui sei capace”.
Di fronte al pensiero ed i costumi dominanti oggi, che si fondano sull’egoismo, l’accaparrare per sé, il non accogliere e non condividere, certamente la spiritualità del dono, che è niente meno che l’imitazione della vita donata di Cristo, che “morì per”, è un richiamo forte.
Qual è il fascino dei “Fratelli” nel mondo oggi?
Dal mio punto di vista riguarda la vita spirituale in genere e la preghiera in modo particolare. È condivisa la convinzione che “in fraternità si prega”, oppure ci si reca presso i Fratelli e le Sorelle di Charles de Foucauld per pregare. Sembra che la preghiera sia diventata una specie di nostalgia per moltissimi cristiani, presbiteri e consacrati compresi, che non trovano più il tempo e il luogo per pregare tranquillamente. Si corre sempre, si è collegati con il mondo, spesso con il “piccolo mondo”, che tutto esige e tutto assorbe. La preghiera è una dimensione vitale per Charles de Foucauld, è un “dialogo amorevole con l’amatissimo Gesù”. Il beato Charles dava una definizione molto bella della preghiera: «Pregare è pensare a Gesù amandolo», quindi la preghiera rientra in quel mistero di Nazaret, dove Gesù cresceva in età, sapienza e grazia, in ascolto-dialogo con il Padre e in obbedienza agli uomini. Da parte sua, fratel Carlo Carretto diceva che «pregare più che parlare con Dio è ascoltarlo, la contemplazione più che guardare Dio è farsi guardare da lui». Tutti questi concetti esprimono la necessità di rimanere alla presenza di Dio, ascoltandolo, conoscendolo e soprattutto amandolo. Mi sembra che, al di là delle virtù di ciascuno e della riuscita di una vita intensa di preghiera, il fascino è di carattere spirituale ed è quella testimonianza concreta che è possibile stare davanti a Dio.
Una attualità particolare del Beato?
Vorrei aggiungere l’attualità di molti aspetti della spiritualità del beato Charles, a cominciare dalla necessità per i cristiani di oggi di instaurare un rapporto personale con la persona di Gesù. La fede oggi è vissuta come risposta d’amore, colui che si sente amato da Dio desidera corrispondere all’amore con e per amore.
Per ultimo il tema della povertà che abbraccia i concetti di essenzialità e sobrietà. Papa Francesco nell’istituire la prima Giornata mondiale dei poveri ci ricorda che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. Povertà significa un cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali.
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