A parlarne è stata la professoressa Raffaella Perin, che ha dedicato al tema il libro “La Radio del Papa”. Già dalle fonti del libro si può comprendere quanto le parole della diplomazia pontificia avessero un peso, e quanto tutti guardassero con ansia alle parole del Papa. Perché, per studiare le trasmissioni dell’epoca, la professoressa Perin ha dovuto consultare gli archivi dei servizi governativi di monitoraggio delle radio estere attivi nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nel Terzo Reich, dato che la radio non ha conquistato registrazioni di quelle trasmissioni.
“I primi anni di guerra furono cruciali per far capire a Pio XII quale strumento avesse tra le mani”, ha spiegato la professoressa Perin, raccontando poi che il Papa “fece un uso strumentale dell’emittente” una volta compresa “l’eccezionale attenzione” che era data a Radio Vaticana dai Paesi in guerra.
Per questo, il Papa prese un controllo sempre maggiore dei messaggi diffusi attraverso l’emittente, veicolando i messaggi e mantenendo la necessaria prudenza diplomatica necessaria, ma allo stesso tempo permettendo di diffondere la contro-propaganda all’ateismo sovietico, ma anche le notizie contro la persecuzione dei cristiani nella Germania nazista, servizi che causarono non poche proteste.
Tra le varie storie da raccontare, quella del gesuita belga Mistian, il quale – attraverso le sue trasmissioni in francese – non lesinava critiche al regime collaborazionista di Vichy. Ci furono proteste, e Pio XII, in occasioni simili, aveva optato per la linea della prudenza, chiedendo maggiore controllo. Ma in quel caso cambiò il censore, e lasciò Mistian al suo posto.
Perché lo fece? Perché lanciava un messaggio, ha concluso la professoressa Perin. “Far cessare le trasmissioni francesi, eliminando lo speaker di punta – ha spiegato - avrebbe portato a far pendere la bilancia per i filo tedeschi, proprio quando la guerra volgeva a favore dell’Asse. Continuare a mandare in onda trasmissioni Mistian dava così un doppio messaggio: il Papa non poteva parlare liberamente, ma le sue posizioni non erano appiattite su quelle dell’Asse”.
Gianluca Della Maggiore ha tratteggiato, invece, la relazione di Pio XII con il cinema, raccontando anche del film Pastor Angelicus, uno dei tentativi di Papa Pacelli di “sperimentare attraverso il cinema”. Ma il Papa, in due discorsi, parlando di cinema aveva anche affrontato il tema cruciale della “rappresentabilità del male”. Per il Papa – ha detto il professore Della Maggiore – “il male rappresentato non poteva essere disgiunto da condanna e superamento in ritorno alla legge di Dio”.
Di certo – ha spiegato il professore Della Maggiore – “Pacelli ha avuto un ruolo centrale” nella riflessione cinematografica della Santa Sede, elaborando “doppia strategia di azione: da un lato la spinta dell’uso del cinema come propagazione di valori religiosi come impegno sulla propagazione cattolica, ma anche come strumento didattico e pedagogico (nascono Orbis e Universalia, case cinematografiche direttamente legate alla Santa Sede) e dall’altro attraverso un adeguamento organizzativo degli strumenti per utilizzare la promozione in forma cristiana".
Infine, la tv. Ed è qui che si chiude il cerchio. Perché l’immagine ieratica di Papa Pio XII viene proprio, ironia della sorte, dalla sua attenzione per la modernità, che lo portò a lasciarsi riprendere dalla tv, a dare benedizioni, a fare messaggi. E in questi messaggi, il suo eloquio, le sue movenze – che erano provate – erano tutte tese a dare l’idea di una ufficialità e di un distacco che hanno contribuito al modo in cui Pacelli è stato percepito nell’immaginario collettivo.
Eppure, Pio XII – ha raccontato il professore Federico Ruozzi - era davvero avanti. Cominciò la sua “carriera televisiva” con la tv francese. Dopo lo straordinario successo delle trasmissioni religiose nella tv di Francia – le cui trasmissioni sono nate prima di quelle italiane – Padre Pichard, un domenicano che per primo ebbe l’iniziativa, nel 1948, di far trasmettere una Messa in diretta tv, chiede al Papa di registrare un messaggio per i telespettatori francesi. Lo ottenne. E lo stesso ottennero i telespettatori americani.
Il professore Ruozzi ha sottolineato che Pio XII accettò questa invasione di obiettivi, e questo permise al Vaticano di avere già un apparato televisivo, gentile omaggio della tv francese e utilizzato durante il Giubileo del 1950.
Fu così completata l’evoluzione nata con le immagini di Leone XIII che accettò di farsi ritrarre nei giardini vaticani. Perché, con le immagini, il Papa era vicino a tutti. “Non ci deve essere un caso Galileo per la tv”, diceva padre Pichard. E se non ci fu, fu grazie a Pio XII.
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