Città del Vaticano , giovedì, 14. dicembre, 2017 14:00 (ACI Stampa).
Ormai è un appuntamento fisso quello del Papa con in suoi confratelli gesuiti durante i suoi viaggi.
E così è stato anche nel viaggio di novembre in Myanmar e Bangladesh. In Particolare il Papa ha incontrato i gesuiti che si occupano delle etnia kachin e shan in maggioranza cristiani.
Un colloquio tra confratelli che viene pubblicato oggi dalla Civiltà Cattolica, con delle risposte alle domande. “Il gesuita è colui che deve sempre approssimarsi, come si è avvicinato il Verbo fatto carne” dice il Papa e riprende il tema della inculturazione, e cita Paolo VI. “Il Popolo di Dio ci insegna virtù eroiche. E ho provato vergogna di essere pastore di un popolo che mi supera per virtù, per sete di Dio, per senso di appartenenza alla Chiesa, perché venivano a vedere Pietro” dice il Papa rispondendo a chi gli ricorda quanta strada hanno fatto i fedeli per vederlo.
A proposito di missionarie Francesco cita Benedetto XVI : “la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione, per testimonianza. Come potete sentire la presenza del Papa voi che lavorate là? Come possono sentirla i rifugiati? Rispondere non è facile. Ho visitato finora quattro campi di rifugiati. Tre enormi: Lampedusa, Lesbo e Bologna, che si trova nel Nord Italia. E là il lavoro è di vicinanza”.
E come vedere Cristo sofferente? Il Papa torna sul tema die rifugiati, racconta le sue esperienze nei campi visitati, racconta di un gesuita argentino e si chiamava Miguel Angel Fiorito che “ha realizzato un’edizione critica delle Memorie spirituali di san Pietro Favre, ma era un filosofo e aveva fatto la tesi sul desiderio naturale dell’uomo di trovare Dio secondo san Tommaso. Era un professore di filosofia, preside della Facoltà, ma amava la spiritualità. E insegnava a noi studenti la spiritualità di sant’Ignazio. È stato lui a insegnarci la viadel discernimento”. Parla della “furbizia di Dio” Papa Francesco e dice che risposte intellettuali no servono per evangelizzare: “davanti a una madre che ha perduto il figlio, a un uomo che ha perduto la moglie, a un bambino, a un malato… non puoi parlare. Soltanto lo sguardo…, il sorriso, stringere la mano, il braccio, fare una carezza…, e forse a quel punto il Signore ti ispirerà una parola. Ma non metterti a dare spiegazioni”.