Sul fine vita, i consulenti giuridici si confronteranno sulle leggi attualmente in vigore o in fase di discussione e rifletteranno sui parametri etici che devono guidare il legislatore. Sono molti gli approcci sul fine vita: l’eutanasia, il suicidio assistito, la dichiarazione anticipata di trattamento, la questione delle cure palliative, l’accanimento terapeutico.
Tra i casi che saranno studiati, il Mortier vs. Belgio, l’appello alla Corte Europea di Tom Mortier, un uomo che ha saputo del suicidio assistito della madre solo il giorno dopo che questo è avvenuto. Del caso si sta occupando ADF International, organizzazione di avvocati cristiani che curano casi di libertà religiosa, e Sophia Kuby, responsabile dell’ufficio di Bruxelles, ne parlerà durante le sessioni di lavoro.
La storia è quella di una donna, Godelieva De Troyer, porta per eutanasia a causa di una “depressione inguaribile”. L’eutanasia è stata operata dall’oncologo Wim Distelmans nell’aprile 2012, dopo aver ricevuto il consenso da tre altri medici che non avevano mai avuto alcun coinvolgimento nelle sue cure, mentre il medico che ha avuto in cura la donna per più di 20 anni le aveva negato il consenso all’eutanasia. Questa è stata praticata dopo che la donna ha fatto una donazione di 2500 euro al Life End Information Forum, organizzazione co-fondata da Diestelmans, cosa che dà luogo ad un apparente conflitto di interessi. Nessuno ha comunicato al figlio la decisione della madre, sebbene la sua depressione dipendesse anche dalla lontananza dalla famiglia, e non solo dalla rottura della relazione con un uomo. Il caso è centrato sul diritto alla vita e il diritto alla vita famigliare, entrambe protetti dalla Convenzione Europea sui diritti umani.
Per quanto riguarda il tema delle migrazioni, si parlerà dell’urgenza di avere politiche organiche sul fenomeno, che si traducano in un apparato legislativo capace di tutelare sia il migrante che la comunità che lo accoglie. Tra gli altri relatori dell'incontro, l'attivista per i diritti umani Andreea Popescu, avvocato presso la Corte Europea dei Diritti dell'uomo, molto attiva sul tema della difesa della famiglia.
Nazioni Unite, in preparazione il documento sulle migrazioni
In questa settimana, si è tenuto in Messico l’incontro sul Processo Preparatorio del Global Compact per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare. Il 4 dicembre, l’arcivescovo Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la Missione ONU di New York, ha preso la parola nel primo panel, parlando della prima fase della preparazione al Global Compact.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Auza ha detto che la prima fase del dibattito ha fatto chiarezza su come il documento globale sulle migrazioni “debba stabilire una cornice internazionale di cooperazione e responsabilità condivisa”, per rispondere a un fenomeno che è una “risposta umana e comune” alla crisi e al desiderio di una vita migliore.
Il nunzio ha anche sottolineato che si deve dare “forte considerazione agli accordi bilaterali, regionali e internazionali”, traendo vantaggio dell’esperienza di istituzioni come l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, di cui la Santa Sede è membro. E ha enfatizzato i quattro verbi che sintetizzano l’approccio della Santa Sede sul tema migrazioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
L’arcivescovo Auza ha preso poi la parola altre due volte nelle sessioni del 6 dicembre.
Nel primo intervento, l’Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite ha detto che il successo del Global Compact dipenderà da come il documento sarà redatto, in particolare per quanto riguarda il “follow up”, cioè i controlli successivi affinché le politiche proposte siano effettivamente implementate, e che questi follow up devono trarre vantaggio degli accordi già presenti a livello locale. Secondo la Santa Sede, il documento deve anche includere l’impegno a raccogliere dati accessibili, tempestivi e affidabili sulle migrazioni, nonché meccanismi di finanziamento per le nazioni che sono chiamate ad accogliere e che mancano le risorse necessarie, secondo le linee guida delle responsabilità “comuni, ma differenziate”.
Quindi, nell'ultima sessione, l’arcivescovo Auza ha detto che non ci si può basare su come è stato affrontata l’emergenza dei rifugiati nello stilare il Global Compact, ma si devono trovare piuttosto “soluzioni sostenibili che rispettino i diritti umani dei migranti e lo sviluppo e le preoccupazioni sulla sicurezza delle nazioni di origine, transito e destinazione”. La Santa Sede chiede risposte a medio e lungo termine, perché le risposte a breve termine necessitano di “prudenza e responsabilità sia da parte dei migranti che delle nazioni di destinazione, transito e ritorno”.
La Santa Sede ha chiesto anche di riconoscere che migrare è un diritto, e di creare corridoi regolari per le migrazioni, ma si deve anche rispettare e riconoscere il diritto di tutti a restare nelle loro nazioni di origine in pace e sicurezza, il che implica “lavorare per lo sviluppo, la pace, la sicurezza, istituzioni democratiche stabili e buoni governi, per la difesa dei diritti umani e l’accesso alla giustizia”.
Questione Medio Oriente
Lo scorso 30 novembre, al Palazzo delle Nazioni Unite di New York, la Missione della Santa Sede ha organizzato un evento su “Preservare il Pluralismo e la Diversità nella Regione di Ninive” insieme al Nineveh Reconstruction Committee e i Cavalieri di Colombo.
Gli organizatori dell’incontro hanno sottolineato che l’ISIS sta per essere sconfitto, ma fin quando gli sfollati dalla Piana di Ninive non potranno fare ritorno nelle loro case, l’ISIS avrà comunque avuto successo nel suo obiettivo ideologico di eliminare le minoranze religiose dalla Regione.
Prima del 2014, il 40 per cento dei cristiani di Iraq viveva nella piana di Ninive. Alla ricostruzione sono andati anche i fondi della vendita di una Lamborghini Huracan donata a Papa Francesco a metà novembre.
Carl Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, ha affermato che “mentre l’ISIS è ormai finito come forza militare”, la “filosofia dietro il loro genocidio, l’idea di ripulire l’Iraq da gruppi di minoranze religiose come gli Yazidi e i Cristiani, sta per aver successo.
L’arcivescovo caldeo Bashar Warda di Erbil ha sottolineato che “è ovvio che i cristiani in Iraq, specialmente i leader della Chiesa, hanno mostrato il loro impegno nell’essere parte della soluzione e non parte del problema in termini di portare pace e diritti umani in Iraq.