Gubbio , mercoledì, 6. dicembre, 2017 16:00 (ACI Stampa).
Da domenica 3 dicembre mons. Luciano Paolucci Bedini è il nuovo vescovo della diocesi di Gubbio, subentrando a mons. Mario Ceccobelli ed è considerato il sessantesimo successore di sant’Ubaldo Baldassini, patrono e protettore della città e della diocesi eugubina. Mons. Paolucci Bedini è nato a Jesi (An) il 30 agosto 1968; dal 1989 al 1995 ha frequentato il Seminario e conseguito il baccalaureato in Teologia presso il Pontifico Seminario regionale ‘Pio XI’ e l’Istituto teologico marchigiano di Fano e Ancona. Il 30 settembre 1995 è ordinato presbitero da mons. Franco Festorazzi nella cattedrale di san Ciriaco ad Ancona e fino al 2004 è viceparroco nella comunità di San Paolo Apostolo a Vallemiano di Ancona. Nel frattempo si licenzia in teologia pastorale con specializzazione in pastorale giovanile e catechetica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, discutendo la tesi ‘Gesù Cristo, il perfetto comunicatore. Criterio e modello di una rinnovata prassi comunicativa nell’educazione della fede’. Dal 2001 al 2011 è insegnante di Catechetica, Pastorale giovanile e Pastorale dell’iniziazione cristiana presso l’Istituto superiore marchigiano di Scienze religiose ‘Redemptoris Mater’ di Ancona, ricoprendo anche l’incarico di rettore presso il Pontificio Seminario regionale ‘Pio XI’ del capoluogo marchigiano. Ed a Gubbio mons. Paolucci Bedini è arrivato a piedi e sotto la pioggia; partito da Assisi ha percorso il sentiero francescano, incontrando i fedeli, in particolare i giovani e le famiglie eugubine. Nel saluto al termine dell’ordinazione episcopale, concelebrata dal card. Edoardo Menichelli, mons. Luciano Paolucci Bedini ha ringraziato innanzitutto chi è in un momento di sofferenza: “Prima di tutto vorrei esprimere un profondo ringraziamento a tutti coloro che vivono un tempo di fatica nella vita. Di dolore per le ferite dell’esistenza, per la sofferenza della malattia, per la paura della solitudine o il timore del futuro, che sono presenti, qui o a casa, e che oggi non hanno rinunciato a vivere con me questa immensa gioia. Mi siete maestri di come l’amore e la condivisione allargano il cuore e gli permettono di rimanere aperto e ospitale. Il vostro sacrificio è prezioso agli occhi di Dio e caro a me che vi porto nella preghiera. Davanti a tutti voi stasera, e sotto lo sguardo della misericordia del Padre, dico grazie alla Chiesa!” Ed un grazie particolare è stato rivolto alla diocesi accogliente: “
Grazie alla Chiesa-Sposa di Gubbio! Non ci conoscevamo, e il Signore, per le vie misteriose della sua volontà, ci ha promessi l’uno all’altra. Il fidanzamento è durato solo tre giorni, ma è stato amore a prima vista. Mi sono commosso quando ho saputo che da mesi questa Chiesa, antica e vivace, stava pregando con grande fiducia per il nuovo vescovo. Le parole di quella preghiera non disegnavano un volto preciso, ma tratteggiavano i contorni di un cuore capace di amare dell’Amore di Cristo-Sposo”. Il motto episcopale scelto è ‘Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’: “Il dono più grande che ho ricevuto è stata la vita, che so essere dono di Dio per come mio babbo Vitaliano e mia mamma Paola me lo hanno raccontato e mostrato… Gratuitamente desidero continuare a donare tutta la mia vita per il Vangelo nella Chiesa, perchè questa parola di vita continui a salvare la vita di tanti. Desidero farlo in comunione con coloro che il Signore mi dona, sorelle e fratelli, consacrati nel battesimo e in ogni vocazione, al servizio di tutti, a partire dai poveri di ogni povertà. Questa è la novità di Gesù, la forza del suo Amore. Credetelo, sognatelo, e speratelo con me”.
Con il neo vescovo ritorniamo al giorno della notizia della nomina vescovile, chiedendogli di raccontarci il suo primo pensiero: “Il primo pensiero è stato: è troppo presto, non so cosa significhi fare il vescovo e ho timore di questa grande responsabilità. Mi dispiace lasciare il lavoro del seminario e anche la mia diocesi. Reazioni umane comprensibili e istintive. Poi ho sentito dentro la fiducia di rispondere al Signore, il desiderio di servire la chiesa ovunque essa mi chiami, e anche la bellezza di essere chiamato a succedere agli apostoli nel grande compito dell'evangelizzazione”.
Papa Francesco ha chiesto ai vescovi di essere pastori con ‘l’odore delle pecore’: in quale modo la Chiesa è vicina al popolo?
“La Chiesa è nel popolo, ed è formata dal popolo. E per la Chiesa tutto il popolo è destinatario del suo servizio di misericordia. Perciò la Chiesa è vicina al popolo se ascolta tutti e accoglie tutti e dialoga con tutti e accompagna tutti. I vescovi in questo sono chiamati a guidare il gregge, a stimolarlo, ma anche a proteggerlo e a custodirlo. Prendersi cura di coloro che il Signore ci affida è dare la possibilità a Dio di raggiungere ogni uomo per amarlo e salvarlo. Concretamente la comunità dei credenti, ovunque si trovi, è chiamata a far sua la vita del popolo in cui abita, condividendone le gioie e i dolori le speranze e le angosce. Piangendo con chi piange e gioendo con chi gioisce”.