Roma , sabato, 18. novembre, 2017 10:00 (ACI Stampa).
Una chiamata a tendere la propria mano ai poveri, ai deboli, agli uomini e alle donne cui viene calpestata la dignità. Questo lo scopo della prima Giornata Mondiale dei Poveri voluta da Papa Francesco a conclusione del Giubileo della Misericordia. Sabato scorso abbiamo accennato alcune iniziative. Di altre ne abbiamo parlato in altri servizi in questi giorni. In questo articolo ci soffermeremo solo su alcuni messaggi dei vescovi italiani per l’occasione (di alcuni avevamo parlato sabato scorso).
Partiamo dal Nord con il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, che ha inviato un messaggio nel quale sottolinea che “andando contro una certa pigrizia o disattenzione, siamo chiamati a dar spazio al povero che Dio ci fa incontrare anche in situazioni non semplici e che siamo chiamati a far ‘nostre’ con un supplemento di carità e fantasia evangeliche”. Il patriarca nel messaggio, pubblicato anche dal settimanale diocesano “Gente Veneta”, evidenzia che siamo invitati “a far posto al povero non rimanendo impigliati in una ‘mentalità mondana’ che ci rende sordi e ciechi. Oggi – spiega - la sfida è costruire una società che sia realmente inclusiva, accogliente, capace d’incontrare gli altri anche innanzi a diritti che configgono. E quando tale ‘incrocio’ di umanità chiede di mettersi in discussione, facciamolo con semplicità attraverso la conversione del cuore. La questione è porre sempre l’uomo come soggetto imprescindibile di diritti e doveri in ogni frangente (anche limite) della convivenza sociale”. Il presule auspica che “l’istituzione di questa Giornata sia momento privilegiato per tornare ad affermare – non solo con le parole ma con la vita – che davvero e di nuovo il Signore ‘solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero’”, come recita il Salmo.
Per l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia la comunità̀ cristiana, che “rende culto a Dio”, è quella che “unisce il servizio della lode con la diaconia della fraternità, riconoscendo nel volto del fratello – specie il più̀ piccolo e fragile – lo splendore del volto di Dio. Il povero – scrive - è davvero il primo dopo l’Unico, come ci ha insegnato Gesù̀ nelle sue parole, negli atteggiamenti che ci ha suggerito come strada per accogliere la salvezza: ‘Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più̀ piccoli, l’avete fatto a me’”. Per il presule torinese “dobbiamo smettere di immaginare e presentare la Chiesa anzitutto come un’organizzazione di servizi: è comunità̀ di fratelli, fondata sulla relazione e sulla vicinanza, capace di farsi interpellare e di accogliere l’altro come uno di casa. Le mense, i dormitori, le comunità̀ di accoglienza, i centri di ascolto, le attività̀ di orientamento: tutte ottime cose, che vengono ‘dopo’. Prima c’è la testimonianza nostra viva; prima ci sono le persone”. Da qui l’invito, come primo passo, a “scendere sulla strada con chi è sulla strada, farsi vicini con gesti di amicizia e non con elemosine che lasciano trasparire la superiorità̀; aprire anzitutto la propria casa all’altro prima che incentivare – o delegare – ad altri il compito”. La Giornata mondiale dei poveri “non è un momento di contemplazione e riflessione ‘a distanza’ sul fenomeno della povertà̀. È una dimensione di coinvolgimento personale, familiare, comunitario”. Mons. Nosiglia evidenzia come “nel nostro territorio l’esercito dei poveri sta crescendo sempre più̀ e si allarga con nuove forme di povertà̀ che colpiscono famiglie e persone che fino a ieri si consideravano esenti da questo problema; cresce il divario fra garantiti e bisognosi; la povertà̀ e l’emarginazione estrema distruggono la dignità̀ della persona e calpestano i suoi diritti di giustizia più̀ elementari. E non esiste purtroppo un programma efficace di lotta a queste povertà̀. Si interviene per lo più̀ sulle emergenze, ma le falle rimangono. I poveri e i nuovi poveri, che sono tanti giovani che non trovano lavoro e tanti cinquantenni che l’hanno perso, vivono come in un limbo privi di speranza, tra l’indifferenza di chi dovrebbe - per dovere politico e professionale - occuparsene come primo problema da affrontare. Solo così si riuscirà̀ a imboccare la strada di un welfare di inclusione sociale che unisce giustizia e carità̀, sostegno adeguato per promuovere ogni persona a prendere in mano la propria situazione e trovare sbocchi appropriati alle proprie capacità e intraprendenza”.
Da Nord al Centro. “Questa giornata voluta da Papa Francesco non si aggiunge alle altre iniziative di carità e non ci chiede di organizzare qualcosa. Dobbiamo accoglierla, sulla scia della Evangelii Gaudium, come invito ad un cambiamento che apra spazi di incontro verso chi è nel bisogno”, spiega il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Riccardo Fontana con l’invito ad ogni comunità a scegliere un’iniziativa concreta di “vicinanza a qualche bisognoso”. Sempre in Toscana, in una lettera l’arcivescovo di Lucca, mons. Italo Castellani, suggerisce alle comunità di promuovere momenti di preghiera specificatamente dedicate ai poveri e, come gesto concreto, invitare le famiglie a condividere un pasto con qualcuno che sappiano aver bisogno di un momento di familiarità e festa o organizzare una semplice iniziativa anche presso i locali della parrocchia. Sempre al Centro, nel Lazio, il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, evidenzia tre indicazioni dal messaggio di Papa Francesco per questa giornata: “anzitutto che per i discepoli di Cristo la povertà è una vocazione a seguire Gesù povero; poi l’incoraggiamento a stabilire un vero incontro con i poveri, dando luogo a una condivisione che diventi stile di vita; conservare, da ultimo, il legame fra l’incontro con Cristo nel povero e l’altro, sempre con Cristo, nell’Eucaristia”.
Giovedì sera la Conferenza Episcopale Abruzzo-Molise (Ceam) ha presentato un documento sul tema “Vivere la prossimità” nel quale i presuli, guidati dal presidente, l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, sottolineano la testimonianza di carità della comunità ecclesiale che le Caritas delle 11 diocesi della regione ecclesiastica offrono al territorio, insieme a tanti gruppi di volontariato ed enti caritativi e assistenziali di ispirazione cristiana. I vescovi denunciano che “troppo spesso la generosità del Terzo settore è intesa come disponibilità illimitata a supplire alle carenze e alle inefficienze dei servizi statali e territoriali quando, invece, i due ambiti di servizio, dovrebbero rinnovare, in un’ottica sussidiaria, l’alleanza basata sulla cooperazione responsabile, sul rispetto dell’identità propria e sugli orizzonti operativi”. Le diocesi della regione ecclesiastica non vogliono “disimpegnarsi o fare un passo indietro rispetto alle tante necessità delle persone che abitano i territori delle nostre Regioni” ma evidenziano la necessità di indicare alle istituzioni “le povertà e le difficoltà, da cui veniamo quotidianamente interpellati, sostenendo gli stessi organismi di competenza nei progetti a favore degli ultimi”.