Sarajevo , lunedì, 8. giugno, 2015 9:00 (ACI Stampa).
Se si arriva per la prima volta a Sarajevo sembra di scorrere le pagine di un libro di storia. A Sarajevo la storia è lì, aperta davanti ai tuoi occhi con la sua tragicità. Ci sono la case in stile ottomano nel centro storico, i palazzi in stile austriaco e i giardini come a Vienna, i casermoni in stile sovietico e le vecchie case senza stile ancora crivellate di colpi che ti ricordano la guerra più recente. Come i cimiteri, dislocati qua e là, macchie bianche che segnano la città dallo stadio ai parchi pubblici. E ci sono gli impianti sportivi che ricordano le ultime glorie comuniste ridotti a miseri resti, a fianco dei centri commerciali iper moderni dove troneggiano le insegne dei maggiori brand specialmente italiani.
Miseria e consumismo si fronteggiano come in molti paesi balcanici alla ricerca di una sintesi che alcuni chiamano Unione Europea. La Bosnia Erzegovina spera di entrarci presto, ma “non ci sono i parametri”. Eppure a pochi chilometri ci sono Bulgaria e Romania, e Grecia che certo non hanno proprio i “parametri” dell’ Europa occidentale.
E poi c’è l’ Islam. Sempre più presente, con moschee modernissime finanziate dall’estero.In questa Sarajevo, 18 anni dopo Giovanni Paolo II, è arrivato, per una visita lampo, Papa Francesco.
“Io vorrei incominciare a fare le visite in Europa, partendo dai Paesi più piccoli, e i Balcani sono Paesi martoriati, hanno sofferto tanto!” Dice il Papa ai giornalisti che lo hanno seguito per tutta la giornata e che sono con lui sul volo del rientro.
Un segno forse è anche quel nastro adesivo che in emergenza tiene insieme il pastorale di Paolo VI e di Giovanni Paolo II che si è rotto all’improvviso. É lo stesso che il Papa santo aveva nel 1997 nello stesso stadio allora raggelato da una bufera di neve. Rotto, ferito, da riparare. Come la Bosnia che è ancora ai piedi della Croce con i suoi cristiani che cercano di riparare il loro cuore. Lo hanno fatto con entusiasmo nello stadio alla messa, lo hanno fatto con fede i religiosi nella piccola cattedrale, lo hanno fatto i giovani a modo loro facendo domande al Papa. E lo hanno fatto anche i rappresentanti delle diverse religioni.