Macerata , mercoledì, 8. novembre, 2017 18:00 (ACI Stampa).
Il filosofo russo Nikolaj Berdjaev nel dicembre 1917 scriveva: “Il popolo russo ha mostrato una divisione tra mondo ‘borghese’ e mondo ‘socialista’ quale sin qui non si era ancora vista nella storia dell’umanità. L’unità del genere umano come popolo di Dio, caratterizzato dall’origine comune, è stata oggi definitivamente distrutta in Russia. L’umanità russa si è divisa in due razze nemiche. L’uomo ‘borghese’ e l’uomo ‘socialista’ si sono riconosciuti come lupi gli uni per gli altri. L’idea della classe ha ucciso in Russia l’idea dell’uomo..."
L’esperimento rivoluzionario socialista, cui è stata sottoposta la povera Russia, fa capire e insegna molte cose. Comincia a chiarirsi che il mondo ‘socialista’ nega con rabbia e odio tutto ciò che di meglio esisteva nel mondo ‘borghese’, tutte le cose più sacre e imperiture, tutti i valori del passato, dei padri e dei padri dei padri. Ma in compenso fa proprio e centuplica tutto ciò che di peggio esisteva nel mondo ‘borghese’, tutti i peccati, le infermità e le meschinità del passato, tutte le tenebre dei padri e dei padri dei padri”.
A 100 anni dall’evento cerchiamo di capire cosa sia stata veramente la ‘Rivoluzione di ottobre’, come è scritto nell’editoriale dello scorso settembre della rivista ‘Russia Cristiana’: “Ripercorrendo i fatti storici legati al centenario della rivoluzione russa, nella fatale concatenazione delle circostanze ci imbattiamo in episodi che ci sembra di conoscere, ma che in realtà conosciamo più che altro come definizioni astratte; ad esempio pensiamo di sapere cosa fu il ‘terrore rosso’: il decreto del 5 settembre 1918 che diede via libera alla violenza di Stato sotto forma di arresti indiscriminati, condanne pronunciate da sedicenti tribunali rivoluzionari, fucilazioni a caso. Ma è come se fosse una questione essenzialmente politica. Invece il ‘terrore rosso’ assume il suo vero spessore, rivela il suo contenuto umano crudo e terribile se passiamo dall’astratto al concreto, quando, ad esempio, qualcuno ci mostra le immagini d’archivio con le atroci scene di corpi indicibilmente martoriati, a mucchi…”.
Quindi per comprendere effettivamente cosa significa ricordare questo centenario abbiamo intervistato il direttore responsabile del portale d’informazione ‘Russia Cristiana’, dott.ssa Marta Carletti dell’Asta.
“Nell’agitazione e nello smarrimento dei giorni rivoluzionari - racconto - un filosofo ebreo russo, Semën Frank, da poco convertitosi al cristianesimo, seppe cogliere la natura profonda degli avvenimenti in corso riconoscendovi l’esito tragico del cammino imboccato dall’intera cultura occidentale a partire dall’Illuminismo. Insomma vide nella rivoluzione un processo europeo, l’esito dello ‘sforzo più compiuto mai visto di organizzarsi senza Dio, per sempre e definitivamente’, come aveva profetizzato Dostoevskij. Il ‘mondo nuovo’, costruito da Lenin dopo la presa del potere, era totalmente improntato a questo progetto ultimo, che prima di essere politico era antropologico. Capire la rivoluzione russa è dunque importante per noi oggi perché ci troviamo ancora totalmente immersi nella parabola discendente della cultura occidentale, così come l’aveva colta il filosofo Frank; mutatis mutandis, senza più bisogno del marxismo, la cultura postmoderna persegue ancora lo stesso progetto di totale autonomia. Studiare la rivoluzione russa nelle sue autentiche ragioni ci aiuta a capire quali esigenze tradite, quale delegittimazione di ogni autorità producono il nichilismo in cui anche oggi, come allora, siamo immersi senza capirne la ragione”.