Città del Vaticano , martedì, 7. novembre, 2017 17:00 (ACI Stampa).
Come è cambiata la Ostpolitik della Santa Sede con l’arrivo di un Papa di un paese dove regnava il comunismo? Che cosa ha fatto la Chiesa cattolica in Polonia per avvicinarsi alla Chiesa Ortodossa? E l’ Europa ha mantenuto o no le sue caratteristiche cristiane respirando “a due polmoni” come diceva Giovanni PaoloII?
Sono solo alcune delle questioni proposte per la riflessione nella conferenza “La Santa Sede verso la Russia e la Chiesa Ortodossa Orientale, da Giovanni Paolo II a Francesco”, che si svolge per due giorni alla Università Gregoriana a Roma.
Organizzata dal Centro per il dialogo Russo-Polacco la conferenza si è aperta con le relazioni degli ambasciatori di Polonia presso la Santa Sede e con i vescovi che sono stati nunzi negli anni della cortina di ferro e subito dopo il crollo del muro di Berlino.
Così l’arcivescovo Kowalczyk ha raccontato il momento in cui Giovanni Paolo lo ha chiamato per essere nunzio in Polonia nel luglio del 1989, e poi il rapporto difficile ma lentamente recuperato tra cattolici e ortodossi, questi ultimi legati a Mosca. E il lavoro ecumenico di Giovanni Paolo II nei suoi 9 viaggi in Polonia, fino alla dichiarazione congiunta del 2012 tra il Patriarca Kirill e il responsabile dell’ecumenismo per la conferenza episcopale polacca.
Altro testimone di un periodo storico irripetibile, l’arcivescovo Kondrusiewicz ha ricordato tra le molte cose il messaggio di Giovanni Paolo II del 1993 ai Russi. La storia attraverso tre Pontefici ha fatto passi da gigante, ma oggi si rischia di rallentare il lavoro: molta gente rimane senza Dio in una Europa che è sempre più in difficoltà.