I bassi tassi di natalità, la lunghissima permanenza dei giovani nel nucleo familiare di origine, l’elevata disoccupazione e l’alta percentuale di giovani under 35 senza adeguata copertura previdenziale, confermano non solo la natura strutturale della questione, ma anche la scarsissima attenzione sociale alle politiche generazionali”.
Partendo dal tema della Settimana Sociale dei cattolici, ‘Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale’, il neo presidente dei Giovani delle Acli, Giacomo Carta, ha spiegato il lavoro che vogliono i giovani: “Il lavoro che vogliono i giovani è prima di tutto un lavoro ‘umano’ ovvero un lavoro che rispetti, protegga e valorizzi il lavoratore in quanto ‘uomo’.
Il mercato del lavoro attuale si presenta con tanta domanda, poca offerta ed una diffusa precarietà da una parte e con l’avvento di nuove ‘professioni’ riguardanti soprattutto le nuove tecnologie (industria 4.0) dall’altra. Tutto ciò minaccia seriamente i diritti dei lavoratori, allontana la visione di lavoratore ‘uomo’ dalla realtà lavorativa e porta ad avere una generazione di giovani che si trova sfiduciata e disposta sempre più a scendere a compromessi pur di potersi inserire nel mondo del lavoro o pur di mantenere una posizione lavorativa anche se non particolarmente vantaggiosa.
I giovani quindi vogliono un lavoro che possa dare loro la sicurezza di potersi creare progetti di vita a lungo termine, garantisca prospettive di crescita attraverso la propria professione e doni la giusta dignità al lavoratore in quanto ‘uomo’”.
I giovani sono preparati per affrontare la sfida ‘lavoro 4.0’?
“Il fatto che la generazione di giovani attualmente sia formata da ‘nativi digitali’ e quindi maggiormente avvantaggiati nell’utilizzo di piattaforme interattive e nuove tecnologie non assicura un’adeguata preparazione per la sfida del ‘lavoro 4.0’. L’adattamento a questo modo nuovo di lavorare sarà un processo lungo che dovrà essere, se vogliamo svilupparlo nel minor tempo possibile, favorito da un aggiornamento del sistema formativo che sia al passo con i cambiamenti del contesto globale e che sia in grado di sviluppare le abilità specifiche necessarie”.
Quale è la vostra idea per una ‘piena occupazione’ nel lavoro per i giovani?
“Per avere una piena occupazione nel lavoro per i giovani occorre trovare politiche attive del lavoro serie che favoriscano il gap che si è creato tra domanda ed offerta. E’ necessario investire su politiche del lavoro che analizzino in modo approfondito il mercato del lavoro attuale e futuro; propongano percorsi ben strutturati; orientino ed accompagnino i giovani nelle fasi di formazione professionale e successivamente alla ricerca del lavoro o alla creazione del lavoro imprenditoriale”.
In quale modo i giovani possono essere costruttori di fiducia nel mondo del lavoro?
“I giovani, per essere costruttori di fiducia, possono dare l’esempio dimostrando che, nonostante la situazione non sia semplice, occorre essere dinamici ed impegnarsi quotidianamente investendo nella propria formazione personale e sperimentando esperienze nuove che permettano di crescere personalmente e favoriscano l’ampliamento della propria rete di conoscenze.
In questo modo i giovani capiscono che, anche se poche, le opportunità ci sono, si possono cogliere ed addirittura creare. La cosa più importante di tutte è muoversi, darsi da fare, non stare mai fermi per evitare di cadere in una condizione di sfiducia ed arrendevolezza che rende le persone quasi ‘invisibili’ all’interno del mercato del lavoro”.
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