Sarajevo , venerdì, 5. giugno, 2015 17:53 (ACI Stampa).
“Ricostruire la fiducia.” Quando gli viene chiesto della più importante sfida che devono affrontare le religioni unite in Bosnia, Ifet Mustafic, che si occupa del dialogo interreligioso nell’ufficio dell’Ulema nella Comunità Islamica di Bosnia Erzegovina, non ha dubbi.
“Si parla molto delle vittime della guerra, delle persone che sono morte durante la guerra. Sono state fatte cose brutte durante la guerra, e molti di quanti hanno perpetuato queste cose brutte sono affiliati alle religioni. Ma ricostruire non significa solo riconoscere le cose brutte. Il primo passo è ricostruire la fiducia,” dice.
Riceve in degli uffici a pochi passi dal Ponte Latino, sul fiume che attraversa la città. Dall’altra parte del fiume, si trova la Cattedrale di Sarajevo, a fianco alla Cattedrale di Sarajevo la cattedrale ortodossa, dietro la Cattedrale una moschea. È un colpo d’occhio che testimonia come le tre religioni possano convivere insieme. Eppure, il dialogo è difficile. Anche perché si ricostruiva il dialogo tra le religioni dopo cinquanta anni di comunismo, e cinque anni di guerra.
"Quando è finita la guerra, ci siamo resi conto che le persone mancavano proprio della terminologia religiosa. Abbiamo fatto un piccolo libro, tutte le religioni insieme sedute in un tavolo, che spiegava la terminologia religiosa di ciascuno,” affema Mustafic.
Il problema vero non era però nella mancanza di una terminologia adeguata, quanto nella mancanza di fiducia reciproca. “La fiducia è stata anche una delle vittime della guerra. E se non ti fidi di qualcuno, non puoi lavorare con qualcuno,” ha detto, sottolineando che questa mancanza di fiducia ha reso ancora più difficile il dialogo interreligioso.