Cracovia , giovedì, 19. ottobre, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Il 19 ottobre del 1984, esattamente 33 anni fa, il capitano Piotrowski insieme a due complici rapirono p. Jerzy Popiełuszko, cappellano di Solidarność, e dopo averlo torturato, lo ammazzarono buttandolo in un sacco nella Vistola: si compiva così uno dei più odiosi crimini del regime comunista polacco.
Tutti e tre gli ufficiali facevano parte dei reparti speciali del Ministero degli Interni, dove lavorano persone profondamente indottrinate, convinte che per il bene del sistema comunista bisognasse combattere con ogni mezzo i nemici ideologici. Per essi assassinare un prete, nemico ideologico, era una cosa normale. Ma rimane sconosciuta un'altra azione di Piotrowski contro la Chiesa e precisamente contro Giovanni Paolo II, un’azione che, se fosse riuscita, avrebbe gravemente compromesso il suo pontificato.
Il Papa venuto dalla Polonia fu il sale nell’occhio dei regimi comunisti, ovviamente anche polacco. Si sa che vari servizi segreti lavoravano per spiarlo e contrastarlo. Quando l’attentato alla sua vita, il cui esecutore materiale era il turco Ali Agca, non riuscì, i servizi segreti polacchi cercarono in ogni modo di screditarlo. Nel Ministero degli Interni polacco c’era il cosiddetto IV Dipartimento che si occupava della lotta con il clero e la Chiesa. E proprio in quel Dipartimento lavorava il capitano Piotrowski e lì venne concepita un’operazione contro Giovanni Paolo II chiamata in codice "Triangolo" (si è usato proprio la parola in italiano). Si voleva inventare una storia su una presunta relazione di Karol Wojtyla con Irena Kinaszewska, una dipendente del settimanale "Tygodnik Powszechny" (l’ora arcivescovo di Cracovia collaborava con questa rivista). Kinaszewska era una vedova che da sola faceva crescere suo figlio. Per arrotondare il suo stipendio batteva a macchina le tesi di laurea e i discorsi del metropolita di Cracovia.
All’inizio si tentava di estorcerle qualche dichiarazione compromettente. Per questo motivo la donna fu costretta dagli uomini dei servizi di sicurezza all'incontro, le furono somministrate insieme alle bevande delle droghe. Tutta la conversazione fu registrata con una telecamera nascosta, sperando che la donna dicesse qualcosa di imbarazzante sul conto di Karol Wojtyla. Ma la donna chiedeva di lasciarla andare e del Papa diceva sempre: "l'uomo santo". Siccome questo primo tentativo fu un fallimento, allora Piotrowski si inventò un altro piano: un diario falso. Negli uffici del IV Dipartimento fu preparato un presunto diario di Kinaszewska in cui la donna descriveva la sua storia d'amore con l’arcivescovo di Cracovia, prima che diventasse papa. Fu utilizzata una macchina da scrivere, che batteva alcune lettere allo stesso modo della macchina appartenente a Kinaszewska. Una volta confezionato, “il diario” doveva essere “ritrovato” pubblicamente dai servizi di sicurezza durante la perquisizione nella casa di padre Andrzej Bardecki, amico di Wojtyła e allo stesso tempo dipendente di “Tygodnik Powszechny”. In seguito si pensava di pubblicizzare il suo compromettente contenuto in tutto il mondo.
Nel febbraio 1983, un gruppo speciale di cinque persone andò in missione da Varsavia a Cracovia. Insieme con Piotrowski c’erano altri due uomini e due donne. Da quando il 13 dicembre del 1981 fu dichiarata in Polonia la legge marziale, nel Paese mancava tutto. Dall’estero venivano gli aiuti dalla cui distribuzione si occupavano prevalentemente le parrocchie. Perciò l’anziana perpetua di don Bardecki non si meravigliò che un giorno alla porta della sua casa in via Sikorskiego 14 si erano presentate due donne spiegando che portavano un pacco dono di cibo al sacerdote. Mentre una di loro intratteneva la perpetua, l'altra s’infilò nella stanza del sacerdote e nascose il diario dietro il radiatore.