Città del Vaticano , domenica, 8. ottobre, 2017 12:15 (ACI Stampa).
E’ la parabola dei vignaioli il centro dell’Angelus odierno di Papa Francesco in Piazza San Pietro. Viene messa in discussa la lealtà di tutti coloro che si occupano della vigna del “padrone”.
Un piccolo disguido ha caratterizzato l'inizio della preghiera. Per un problema di audio, il Papa ha dovuto ripetere da capo le frasi iniziali del testo relativo all'Angelus.
Francesco racconta la parabola prima della recita dell’Angelus: “La vigna è affidata loro, che devono custodirla, farla fruttificare e consegnare al padrone il raccolto. Giunto il tempo della vendemmia, il padrone manda i suoi servi a raccogliere i frutti. Ma i vignaioli assumono un atteggiamento possessivo: non si considerano semplici gestori, bensì proprietari, e si rifiutano di consegnare il raccolto. Maltrattano i servi, al punto di ucciderli. Il padrone si mostra paziente con loro: manda altri servi, più numerosi dei primi, ma il risultato è lo stesso. Alla fine decide di mandare il proprio figlio; ma quei vignaioli, prigionieri del loro comportamento possessivo, uccidono anche il figlio”.
Questa storia rappresenta “l’alleanza che Dio ha voluto stabilire con l’umanità ed alla quale ha chiamato anche noi a partecipare.” Questa storia di alleanza però, per Francesco, “come ogni storia di amore, conosce i suoi momenti positivi ma è segnata anche da tradimenti e da rifiuti”.
Ma dalla prima alleanza raccontata dai profeti di Israele si passa al Cristianesimo. “È qui la grande novità del Cristianesimo – commenta Papa Francesco - un Dio che, pur deluso dai nostri sbagli e dai nostri peccati, non viene meno alla sua parola, non si ferma e soprattutto non si vendica! Attraverso le “pietre di scarto”, e Cristo è la prima pietra che i costruttori hanno scartato, attraverso situazioni di debolezza e di peccato, Dio continua a mettere in circolazione il “vino nuovo” della sua vigna, cioè la misericordia. C’è un solo impedimento di fronte alla volontà tenace e tenera di Dio: la nostra arroganza e la nostra presunzione, che diventa talvolta anche violenza”.