Roma , martedì, 10. ottobre, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Come comunicare una Chiesa in diaspora? Se lo è chiesto Adrienne Suvada, ricercatrice della Università di Zurigo per le Ricerche Applicate con un passato di studi alla Pontificia Università della Santa Croce. Che ha dedicato alla piccola Chiesa cattolica armena uno studio lungo sette anni, sfociato nel libro “Comunicazione ed Organizzazione della Chiesa Armeno-Cattolica” (Edizioni Il Cerchio).
Un libro che l’arcivescovo Raphael Minassian, a capo dell’Ordinariato armeno dell’Europa orientale, non esita a definire “un capolavoro”, perché risponde al bisogno di “questa piccola comunità, questa piccola Chiesa che è rimasta sempre fedele alla Chiesa di Cristo” di mostrare il suo lavoro i cui “frutti si trovano dappertutto”.
Per comprendere l’importanza della Chiesa armena, si deve andare indietro in una storia che, si dice in Armenia, le altre nazioni misurano in secoli, ma l’Armenia misura in millenni. È la prima nazione cristiana, ha fondato la sua cristianità su 36 soldati che sono poi le lettere dell’alfabeto che diede alla nazione il geniale Mashtoz, traducendo la Bibbia e facendo del Cristianesimo una parte costitutiva di questa terra.
“Essere cristiani è il DNA di tutti gli armeni. Il 92 per cento della popolazine si dichiara cristiano”, dice, conversando con ACI Stampa, Adrienne Suvada. Che poi spiega come la cosa più importante per la Chiesa armena sia proprio “il rito, rimasto praticamente intatto nei secoli, suggestivo e profondo, che è l’arma più importante che la Chiesa armena ha per la comunicazione”.
Suvada ha studiato la comunicazione di aziende importanti ed ha lavorato nelle multinazionali. Ma la sua analisi della comunicazione istituzionale della Chiesa armena parte da una considerazione fondamentale: “I comunicati stampa devono essere ben fatti, le foto devono essere professionali, si deve essere moderni nel comunicare. Ma questo non deve andare a discapito dell’identità. L’identità deve essere preservata”.