Minsk , venerdì, 6. ottobre, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Il contributo dell’Italia all’Europa? “La sua ricchezza pastorale”. Il futuro dell’Unione Europea? “Plumbeo, se si parla di istituzioni. Ma ancora possibile, se si parla di continente unito e solidale”. La disaffezione dei giovani alla vocazione, in particolare in Italia? “Si è parlato forse troppo di strategie pastorali, poco di Gesù”. Eletto presidente della Conferenza Episcopale Italiana lo scorso maggio, il Cardinale Gualtiero Bassetti è alla prima esperienza come partecipante del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Con ACI Stampa ha condiviso speranze, dubbi e possibilità della Chiesa italiana proiettata in una dimensione europea.
Quale è il contributo che la Conferenza episcopale italiana può dare alle Conferenze episcopali europee? E che cosa può prendere la Chiesa italiana da quelle europee?
La Chiesa italiana può dare alle Chiese europee la sua ricchezza pastorale. Una ricchezza data essenzialmente da tre fattori: una presenza, tutto sommato, ancora viva sul territorio; un deposito culturale e spirituale vastissimo testimoniato, per esempio, dall’antichità di molte diocesi; e un rapporto particolare – di vicinanza e di prossimità – che ha con il Papa e la Santa Sede. Dalle Chiese d’Europa, quella italiana deve prendere il respiro europeo. Deve sentirsi autenticamente inserita in quel continente le cui radici affondano nei monasteri francescani e benedettini. Insomma, la Chiesa italiana è chiamata ad essere meno autoreferenziale e meno provinciale.
La Chiesa in Italia ha fatto moltissimo in Europa, specialmente per quanto attiene alla situazione dei migranti. In che modo l’esperienza delle tante associazioni caritative in Italia può essere d’aiuto ai suoi confratelli del resto d’Europa? E in cosa l’Europa può imparare dall’Italia?
L’Italia ha indubbiamente fatto moltissimo per i migranti. E mi sembra che questo sia un fatto da tutti riconosciuto in Europa. Detto ciò, però, bisogna subito chiarire un aspetto centrale: la carità non si apprende sui banchi di scuola, ma la si mette in pratica. Senza sconti o compromessi. Si fa carità perché si ama gratuitamente, perché si scorge nell’altro il volto di Cristo, perché si vede nel povero un fratello e una persona di cui prendersi cura. Non esistono modelli preconfezionati se non l’insegnamento di Gesù. Occorre dunque vivere il cristianesimo in pienezza e poi tutto verrà con semplicità.