Città del Vaticano , martedì, 3. ottobre, 2017 12:00 (ACI Stampa).
Il cinema ha spesso raccontato la storia dei Papi e alla Triennale di Milano che si aperta ieri è stata inaugurata la mostra: “Papi in soggettiva. I pontefici, il cinema, l’immaginario”. E’ stato monsignor Viganò, Prefetto della segreteria per la comunicazione e per anni direttore dell’ Ente dello Spettacolo ad offrire una riflessione sul tema della mostra.
“I pontefici- ha detto- hanno subito guardato al cinema come a uno strumento capace di allargare gli orizzonti d’azione della Chiesa. L’atto solenne che sancisce il complesso legame tra cinema e Chiesa è la benedizione di Leone XIII, ripresa da William K. L. Dickson nei cortili e nei palazzi vaticani, sugli operatori e sul nuovo strumento, ma, in forma simbolica, su coloro che al di là dell’obiettivo avrebbero potuto vedere quanto ripreso”. E’ la nascita di una nuova fase per la comunicazione della Chiesa.
Con la connessione cinema politica anche per i Pontefici cambia e a partire dagli anni Venti con Pio XI “la Chiesa comincia ad avere verso il cinema anche come problema politico e sociale: da qui la nascita dell’Ocic (Office Catholique Internationale du Cinéma) nel 1928 che definì subito una proiezione internazionale dei cattolici nel cinema, l’attenzione verso gli sviluppi del cinema sovietico, e, soprattutto, il serrato confronto – la «crociata», come si usava dire allora – con l’industria di Hollywood per la «moralizzazione del cinematografo»”.
La Chiesa ha un atteggiamento positivo e audace verso il nuovo strumento ma anche un severo monito contro un suo uso improprio. Spiega Viganò “Il cinema dunque come dono, ma anche come responsabilità. Per usare una chiara espressione dei primi anni Trenta pronunciata da Pacelli, futuro Pio XII, i nuovi strumenti erano «doni di Dio» dei quali occorreva servirsi «per la sua gloria e per l’estensione del suo Regno». E tanto più lo era il cinema il quale stava «per divenire il più grande ed efficace mezzo di influenza, ancora più efficace della stampa» per la sua capacità di intercettare milioni di spettatori con il fascino irresistibile di un nuovo linguaggio espressivo”.
Tutto si basa sulla lettera enciclica Vigilanti cura del 1936 di Pio XI che ha tracciato una linea «chiara e definita su questo nuovo strumento di comunicazione, basata su una partecipazione attiva dei cattolici a tutto campo: dalle commissioni di censura alla critica, dalla produzione all’esercizio».