Molti temi da affrontare, per una Chiesa piccola e viva, piena di giovani e in un rapporto più che cordiale con il mondo ortodosso, in attesa di fare un accordo con il governo – qualcosa simile, ma più leggero, di un concordato – e magari anche di una visita del Papa, che potrà avvenire solo se ci sarà l’ok del Patriarcato Ortodosso di Mosca, che de facto ha la giurisdizione del territorio del Belarus.
Se il Belarus rappresenta un po’ il laboratorio dei problemi dell’Europa del futuro, la prolusione del Cardinale Angelo Bagnasco indica le linee guida dei prossimi cinque anni, iniziando una assemblea i cui due temi principali saranno l’Europa e i giovani.
E subito, nella sua prima prolusione da presidente dei vescovi europei, il Cardinale Bagnasco, partendo dalle parole di San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, sottolinea che “l’Europa non deve sprecare se stessa, la storia bimillenaria che la lega al cristianesimo e che – nonostante le ombre gli uomini – ha prodotto frutti di civiltà e cultura”.
Al contrario, l’Europa “deve volersi più bene, deve credere nelle sue potenzialità” e “anche se un po’ affaticata, forse segretamente delusa, non deve arrendersi, deve ritrovare l’entusiasmo delle origini. Un entusiasmo che non deve portare a pensare di essere più “il centro del mondo”, ma di “poter offrire qualcosa di bello all’umanità”.
Certo, è una Europa marcata dalla “colonizzazione ideologica”, un dramma comune a tutti i continenti, caratterizzato da un “pensiero unico e omologante”, una ideologia che ha l’intenzione di “vivere a prescindere da Dio, non di rado facendo credere che la religione è contraria alla felicità dell’uomo, alla sua libertà, alla democrazia e alla sana laicità dello Stato”.
Ma è davvero così? La situazione attuale, il disorientamento dell’Europa –nota il Cardinale Bagnasco – è già di per sé una risposta negativa. E d’altro canto c’è “una cultura popolare”, un sentire del popolo che va oltre il secolarismo che isola, anzi che c’è “una vita vera che brulica”.
Per questo, il primo obiettivo dei Pastori d’Europa è di “dare speranza”, perché “l’Europa non può essere depressa, incerta sulla sua anima, appesantita da memorie tragiche”, tanto da cancellare il suo passato per una “improvvisa e triste rinascita”. Compito del cristianesimo è di “vivificare le radici europee, radici antiche ma sempre capaci di germogliare nell’oggi”, per ridare quella speranza che ha “sprigionato le migliori energie” che hanno portato a tante conquiste tecnologiche, scientifiche, allo sviluppo dell’arte e della democrazia. Ci sono state “ombre che nessuno nega”, ma di certo non è stato tutto così oscuro. Eppure, oggi il Continente – nota il Cardinale Bagnasco – sembra smemorato e sterile”.
Il secondo obiettivo è dunque “dire Gesù”, perché il secolarismo ha “oscurato e addormentato la coscienza dei singoli o dei popoli”, ma – sebbene una certa cultura lo ritenga “un fenomeno irreversibile” – non siamo di fronti a un “processo fatale nel senso di casuale e inarrestabile”. L’antidoto è dunque quello dell’annuncio, di non avere paura di parlare, di non lasciare vincere “lo scoraggiamento di fronte alle difficoltà della missione”.
È il tempo di un risveglio europeo, perché “il migliore alleato del Vangelo non sono le nostre organizzazioni, le risorse, i programmi, ma l’uomo”, perché, in una cultura che non ama sentire “opinioni differenti”, gli uomini hanno il “desiderio segreto” di incontrare “qualcuno che aiuti la loro coscienza a risvegliarsi, a risvegliare le questioni decisive dell’esistenza, del destino, del futuro oltre la morte, del male che ferisce l’umano e dei mali che violentano la vita”.
Sostiene il presidente del CCEE che l’uomo cerca il per sempre che non gli possono dare le cose terrene. Si può dire - aggiunge - che “l’uomo occidentale appare confuso sulla propria identità e nel senso del suo esistere, ma dentro questo groviglio si fa avanti una opportunità, è presente uno spazio forse ancora piccolo, ma che esiste e indica il risveglio”. “Lento”, “incerto”, o “improvviso come un lampo”, è il risveglio dell’anima, ed è questo il kairos, il tempo opportuno, perché le persone “specialmente il popolo dei piccoli, comincia a interrogarsi circa fenomeni talmente inediti da destare interrogativi sul versante spirituale, etico, culturale e sociale”.
Compito dei Pastori è allora “risvegliare le domande”. La preoccupazione europea è viva, e c’è sempre il sogno che l’Unione Euoprea sia “una vera famiglia di nazioni”. Lungi dall’essere una organizzazione economica – ricorda il Cardinale Bagnasco – l’Europa non è un complesso puramente geografico, né soltanto un gruppo di popoli”, ma è “un compito spirituale ed etico”, e va riconosciuto che “l’immagine europea di persona è determinata nel modo più profondo dal Cristianesimo”. Il Cardinale Bagnasco cita il filosofo Novalis che già nel 1799 sottolineava come “se L’Europa si staccasse totalmente da Cristo, allora essa cesserebbe”, mentre il filoso Löwith, ebreo, ricordava che l’idea del volto, dell'alterità nasce nel cristianesimo, e non nel Rinascimento.
“Potrà il Davide Europeo essere se stesso?” si chiede in conclusione il Cardinale Bagnasco, rispondendo con ottimismo di sì, ma solo a condizione che “verrà recuperato il sogno dei veri padri fondatori”.
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È questa la base della discussione che segnerà in qualche modo anche il dibattito europeo, e non solo quello dei vescovi riuniti a Minsk. Dal canto suo, Papa Francesco, nel messaggio inviato tramite il suo segretario di Stato, ha chiesto di proseguire la ricerca di collaborazioni tra i vari Paesi “valorizzando le diversità e promuovendo iniziative di solidarietà e fraternità”, e ha auspicato che questa plenaria imprima “ulteriore e coraggioso impulso alla missione della Chiesa in Europa, specialmente in favore dei giovani”.