Viene rapito insieme alle persone che stanno nell'automobile con lui, mentre sta attraversando il confine tra Niger e Libia. I rapitori lo torturano e lo costringono a chiedere soldi ai familiari per farlo liberare. La famiglia i soldi non li ha e quindi continuano le torture. Un giorno, insieme agli altri, decide di fuggire e sa che per questo potrebbe essere ammazzato. La fuga riesce.
Decide, dunque, di prendere il mare e si affida a dei trafficanti, dopo aver lavorato un po’ in Libia. Sbarca a Catania e poi viene trasferito a Benevento, prima in una casa famiglia per minori poi nella struttura Caritas. Qui studia, segue una formazione professionale e i laboratori in cui gli spiegano le leggi, gli usi e i costumi del paese ospitante. Ottiene il diploma di liceo scientifico. Oggi è iscritto all’università e studia biologia.
Da quasi due anni è operatore all'accoglienza dei minori presso Caritas. Ama giocare a calico. Sogna di riabbracciare un giorno la sua famiglia.
C'è poi Amadou Darboe, primogenito di una famiglia numerosa e figlio di un Imam, alla morte del padre si assume la responsabilità di sostenere economicamente la sua famiglia. Per questo affronta il doloroso viaggio in mare, alla ricerca di un futuro migliore.
Amadou beneficia del progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia”. Sempre particolarmente collaborativo, raggiunge importanti risultati grazie al suo impegno, tra cui: corso per panificatore e pizzaiolo, licenza di terza media e tirocinio formativo presso una pizzeria.
E’ musulmano e crede fortemente nel dialogo fra persone di religioni differenti, per questo ha voluto frequentare gli incontri dell’azione cattolica parrocchiale. A dicembre ha partecipato attivamente alla rappresentazione della natività.
Al pensiero di poter incontrare il Papa ha esternato sempre un grande entusiasmo, considerandolo per lui un onore e una grande gioia. Alla domanda sul perché vorrebbe incontrarlo ha risposto: “Perché mi ha salvato la vita. Questo progetto mi ha dato tante possibilità e una famiglia, tante zie, zii, mamme, papà e amici. Non ci sono parole per ringraziare”.
E ancora Berete Ibrahima che lascia la Guinea all’età di 16 anni perché intenzionato a raggiungere la Libia per studiare. Con un gruppo di persone, su una sorta di fuoristrada, attraversa il deserto tra mille difficoltà e pericoli: restano bloccati per circa tre giorni senz’acqua. Finalmente qualcuno li aiuta ed il viaggio prosegue. Arriva in Mali, poi in Algeria ed infine in Libia.
In Libia inizia a studiare e frequenta un corso di formazione come elettricista. Inizia anche a lavorare riuscendo a pagarsi gli studi.
Dopo circa un anno, scoppia la guerra in Libia e decide di imbarcarsi per l’Italia dando in cambio tutti i soldi che era riuscito a mettere da parte.
Il viaggio in mare dura due giorni e non mancano gravi complicazioni: si rompe il GPS, perdono la rotta e vengono salvati da alcuni pescatori tunisini.
Ibrahima arriva a Lampedusa nel 2011 all’età di 17 anni. Viene in seguito trasferito a Casapesenna (CE) in una casa famiglia. Al compimento della maggiore età viene trasferito presso la sede della Caritas Diocesana di Aversa.
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Nel 2012, Ibrahima arriva in Caritas e resta lì per altri due anni. Viene aiutato per la sua pratica di richiedente asilo e frequenta la scuola ottenendo il titolo di licenza media. Partecipa a diverse attività come volontario in Caritas.
Nel 2013 inizia un tirocinio presso un ristorante locale. Oggi è assunto a tempo indeterminato come aiuto cuoco.
La prossima tappa a febbraio 2018 sarà dedicata a creare una campagna comune con l'ONU, a giugno la giornata del rifugiato avrà un significato speciale e a settembre 2018 Caritas promuove all'ONU l'adozione dei due accordi su rifugiati e migrazione.
Alla fine del 2019 "Condividi il viaggio" finisce con la speeranza che nel mondo, anche a livello politico, comabi l'atteaggiamento e siano nate nuove realtà di accoglienza.