Città del Vaticano , giovedì, 14. settembre, 2017 11:43 (ACI Stampa).
"Questo è il Concilio Vaticano III ?" Il Papa lo dice ridendo ai vescovi di rencente nomina. 114. A loro il Papa ricorda ancora una volta di non farsi tentare dalla “autoreferenzialità”, nei nostro giorni, dice “paradossalmente segnati da un senso di autoreferenzialità, che proclama finito il tempo dei maestri mentre, nella sua solitudine, l’uomo concreto continua a gridare il bisogno di essere aiutato nell’affrontare le drammatiche questioni che lo assalgono, di essere paternamente guidato nel percorso non ovvio che lo sfida, di essere iniziato nel mistero della propria ricerca di vita e felicità”.
Papa Francesco ha ricevuto i vescovi di recente nomina che hanno seguito un corso in questi giorni a Roma e ha ricordato loro il senso autentico di discernimento di cui è vero protagonista lo Spirito Santo, Spirito che regge e guida. “Bisogna essere consapevoli - ha detto il Papa- che tale grande dono, del quale con gratitudine siamo perenni servitori, riposa su fragili spalle. Forse per questo la Chiesa, nella sua preghiera di consacrazione episcopale, ha tratto tale espressione dal Miserere (cfr Sal 51,14b) nel quale l’orante, dopo aver esposto il proprio fallimento, implora quello Spirito che gli consente l’immediata e spontanea generosità nell’obbedienza a Dio, così fondamentale per chi guida una comunità”.
Solo chi è guidato da Dio “ha titolo e autorevolezza per essere proposto come guida degli altri” e “questa saggezza è la sapienza pratica della Croce, che pur includendo la ragione e la sua prudenza, le oltrepassa perché conduce alla sorgente stessa della vita che non muore, cioè, “conoscere il Padre, il solo vero Dio, e colui che ha mandato: Gesù Cristo””.
Non dare per scontato il possesso di un dono così alto e trascendente quindi dice il Papa, nn è una diritto acquisito ma “è necessario continuamente implorarlo come condizione primaria per illuminare ogni saggezza umana, esistenziale, psicologica, sociologica, morale di cui possiamo servirci nel compito di discernere le vie di Dio per la salvezza di coloro che ci sono stati affidati”.
Preghiera quindi “per ricordare al Signore che davanti a Lui siamo perenni “ragazzi, che non sanno come regolarsi””, e discernimento che “nasce nel cuore e nella mente del vescovo attraverso la sua preghiera, quando mette in contatto le persone e le situazioni affidategli con la Parola divina pronunciata dallo Spirito”. E il discernimento è grazia per il Popolo do Dio per essere capici di sentire cum Ecclesia e anche il vescovo “è chiamato a vivere il proprio discernimento di Pastore come membro del Popolo di Dio, ovvero in una dinamica sempre ecclesiale, a servizio della koinonìa. Il Vescovo non è il “padre padrone” autosufficiente e nemmeno l’impaurito e isolato “pastore solitario””. Una azione comunitario quindi, spiega il Papa “che non prescinde dalla ricchezza del parere dei suoi presbiteri e diaconi, del Popolo di Dio e di tutti coloro che possono offrirgli un contributo utile, anche attraverso gli apporti concreti e non meramente formali”.