Como , lunedì, 18. settembre, 2017 16:00 (ACI Stampa).
Nel suo primo discorso alla città di Como mons. Oscar Cantoni ha rivolto un invito ai cittadini ed alle autorità a superare la conflittualità ed a puntare ad un patto di ‘amicizia sociale’ con riferimenti dettagliati alla situazione della città che si trova a confrontarsi con un flusso consistente di migranti, molti dei quali cercano di passare il confine con la Svizzera: “Siamo tutti consapevoli che non esistono soluzioni immediate e del tutto soddisfacenti. Da una parte, i cittadini domandano sicurezza, dall’altra i numerosi immigrati chiedono una protezione umanitaria, che non può essere ignorata.
Il degrado urbano, episodi di micro criminalità, ecc…, possono suscitare dinamiche di diffidenza e di competitività. C’è il pericolo di esasperare le reali situazioni oggettive, col rischio di generare una guerra tra poveri”. Il vescovo ha scelto di ispirarsi nel suo discorso all’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, in quanto l’unità prevale sul conflitto: “Non è difficile cogliere le diverse tensioni che facilmente si respirano, non solo in Italia, in genere, ma spesso anche nella nostra Città, e non solo nei momenti elettorali.
Il clima sociale è generalmente segnato, per molteplici motivi, da un alto tasso di conflittualità: tra i cittadini, nelle diverse realtà associative, nei partiti, nelle Istituzioni, e riflesso puntualmente attraverso gli strumenti mass mediali, i quali hanno un grande compito e un’alta responsabilità nell’interpretare le notizie e nel commentare gli avvenimenti”. Dopo aver esaminato la situazione locale mons. Cantoni ha attualizzato l’espressione papale ‘il tutto è superiore alla parte’: “Il tutto è più grande di noi, ed è fatto di povertà, di privazioni, di stenti, di calpestamento della dignità della persona umana.
Non possiamo guardare solamente il nostro benessere e difendere la nostra elevata prosperità economica. Sarebbe difettosa la classe politica che ignorasse il clima di allarme che a volte serpeggia tra la nostra gente, ma nello stesso tempo sarebbe dannoso creare inutili allarmismi, dimenticando che anche gli immigrati possono essere una risorsa”. Al termine del discorso il vescovo ha invitato i cittadini a costruire ponti, perché la ‘realtà supera l’idea’: “Non possiamo lavorare solo sulla emergenza, occupando spazi e presidiando l’immediato, ma molto di più impegnandoci per l’avvio di processi di pacificazione e di integrazione a lunga scadenza, che favoriscano un incremento di umanità… Solo una politica dei ponti (e non quella dei muri!) prepara un futuro di pace e di autentico benessere sociale.
Occorre, da parte di chi riveste responsabilità civili imparare sempre più a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della gente e a non rincorrere le intuizioni delle élites, fondate su dimensioni intellettualistiche, che non interpretano il vero sentire del nostro popolo”. Il principio dell’enciclica di papa Francesco, secondo il vescovo di Como, è applicabile anche alla dimensione culturale, che spesso dimentica la persona ‘nella sua essenziale connotazione di genere (maschile e femminile)’: “La diffusione delle bioteconologie, per esempio nel campo della riproduzione umana, mette a repentaglio il modo umano di generare la vita e l’identità della famiglia biologica.