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Il Papa chiede alla Chiesa in Colombia di rinnovarsi e coinvolgersi andando all'essenziale

Il Papa celebra la messa a Medellin  |  | David Ramos/ Aci Prensa
Il Papa celebra la messa a Medellin | David Ramos/ Aci Prensa
Il Papa celebra la messa a Medellin  |  | David Ramos/ Aci Prensa
Il Papa celebra la messa a Medellin | David Ramos/ Aci Prensa
Il Papa celebra la messa a Medellin |  | CTV
Il Papa celebra la messa a Medellin | CTV
In attesa del Papa  |  | Alvaro de Juana/ Aci Prensa
In attesa del Papa | Alvaro de Juana/ Aci Prensa
L'areo militare del seguito del Papa |  | Alvaro de Juana  / Aci Prensa
L'areo militare del seguito del Papa | Alvaro de Juana / Aci Prensa

La chiamano la città dell’eterna primavera, ma Medellin oggi ha accolto il Papa con la pioggia. Arrivato da Bogotà con il seguito su aerei militari, Francesco ha dovuto proseguire in auto e lasciare l'elicottero per arrivare al luogo dove ha celebrato la messa nella memoria liturgica di Pietro Claver, gesuita e apostolo degli schiavi. E all'inizio della messa il Papa si è scusato per il ritardo di più di un' ora con il quale è arrivato proprio per il cattivo tempo e ha ringraziato per la pazienza tutti i presenti.

La grande spianata dell’ aeroporto Enrique Olaya Herrera, monumento nazionale che può accogliere circa un milione di persone, é diventato una grande chiesa all’aperto e sull’altare è esposto il quadro della patrona della città, la Virgen de la Candelaria. Anche Giovanni Paolo II celebrò la messa in questo luogo.

Nella omelia il Papa parla di cosa significa essere discepoli di Gesù, riprende il discorso iniziato giovedì a Bogotà, la chiamata dei dodici e spiega come la sequela di Gesù chieda un lungo cammino di purificazione, occorre interrogarsi su cosa davvero piace al nostro Dio. “Realtà - dice i Papa che - domandavano molto più che una ricetta, una norma stabilita. Impararono che andare dietro a Gesù comporta altre priorità, altre considerazioni per servire Dio. Per il Signore, anche per la prima comunità, è di somma importanza che quanti ci diciamo discepoli non ci attacchiamo a un certo stile, a certe pratiche che ci avvicinano più al modo di essere di alcuni farisei di allora che a quello di Gesù.

La libertà di Gesù si contrappone alla mancanza di libertà dei dottori della legge di quell’epoca, che erano paralizzati da un’interpretazione e da una pratica rigoristica della legge. Gesù non si ferma ad un’attuazione apparentemente “corretta”; Egli porta la legge al suo compimento e perciò vuole porci in quella direzione, in quello stile di sequela che suppone andare all’essenziale, rinnovarsi e coinvolgersi. Sono tre atteggiamenti che dobbiamo plasmare nella nostra vita di discepoli”.

Ecco allora le indicazioni del Papa: andare all’essenziale, cioè “andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita” non attaccamento alle leggi o consuetudine,  non “qualcosa di statico, ma un continuo movimento verso Cristo” non “attaccarsi alla spiegazione di una dottrina, ma l’esperienza della presenza amichevole, viva e operante del Signore, un apprendistato permanente per mezzo dell’ascolto della sua Parola”.

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Poi “rinnovarsi” e il rinnovamento non deve farci paura perché “la Chiesa è sempre in rinnovamento – Ecclesia semper reformanda –. Non si rinnova a suo capriccio, ma lo fa fondata e ferma nella fede, irremovibile nella speranza del Vangelo che ha ascoltato. Il rinnovamento richiede sacrificio e coraggio, non per sentirsi migliori o impeccabili, ma per rispondere meglio alla chiamata del Signore”.  Ecco allora che, dice il Papa “in Colombia ci sono tante situazioni che chiedono ai discepoli lo stile di vita di Gesù, particolarmente l’amore tradotto in atti di non violenza, di riconciliazione e di pace”.

Infine “coinvolgersi, anche se per qualcuno questo può sembrare sporcarsi, macchiarsi”. Coraggio evangelico per una “fame di Dio, fame di dignità, perché sono stati spogliati. E forse la fame di Dio viene perchè noi con il nostro atteggiamento noi li abbiamo spogliati. E, come cristiani, aiutarli a saziarsi di Dio; non ostacolare o proibire loro questo incontro. La Chiesa non è una dogana perchè il cuore del suo Dio è trafitto dall'amore che si è fatto dolore. Non possiamo essere cristiani che alzano continuamente il cartello “proibito il passaggio”, né considerare che questo spazio è mia proprietà, impossessandomi di qualcosa che non è assolutamente mio. La Chiesa non è nostra, è di Dio; Lui è il padrone del tempio e della messe; per tutti c’è posto, tutti sono invitati a trovare qui e tra noi il loro nutrimento”, tutti sono chiamati dice il Papa, buoni e cattivi per riconciliarsi.

Il nostro servizio è mangiare il pane di Dio, l'amore di Dio, il Pane che ci aiuta a sopravvivere, aggiunge il Papa.

Ecco allora chiaro l’esempio di Pietro Claver, “«Schiavo dei neri per sempre» fu il motto della sua vita, perché comprese, come discepolo di Gesù, che non poteva rimanere indifferente davanti alla sofferenza dei più abbandonati e oltraggiati del suo tempo e che doveva fare qualcosa per alleviarla”.

Papa Francesco riprende il testi delle conferenze di Aparecida e Medellin e dice: “la Chiesa in Colombia è chiamata a impegnarsi con maggiore audacia nella formazione di discepoli missionari” che “sappiano vedere, giudicare e agire”,  discepoli missionari “che sanno vedere, senza miopie ereditarie; che esaminano la realtà secondo gli occhi e il cuore di Gesù, e da lì la giudicano. E che rischiano, agiscono, si impegnano”.

Particolarmente belle le musiche e i canti della celebrazione eseguiti da un imponente orchesta di giovani.

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Il Papa si reca nel Seminario per il pranzo e nella cappella incontra i seminaristi, poi si reca all’ Hogar San José, una casa famiglia gestita dall’arcidiocesi nata nel 1942 che oggi accoglie le vittime della violenza di decenni di guerriglia armata.