Quali sono le sfide?
Ce ne sono di grandissime. La povertà, prima di tutto, che continua nonostante molti sforzi siano stati fatti per lo sviluppo. Difficile creare lavoro e aiutare le famiglie, e molti sono costretti ad emigrare. Una delle più grandi entrate del Prodotto Interno Lordo del Paese è generata dalle rimesse degli immigrati. Quindi la violenza, generata anche da una crescita del narcotraffico, solo recentemente bloccato attraverso una legge di estradizione e varie espropriazioni.
Un quadro difficile…
Ma ci sono anche elementi positivi. Le vocazioni, ad esempio, continuano a crescere. Nei nostri due seminari ci sono 247 seminaristi. Nel 1978, quando sono stato nominato vescovo ausiliare, c’erano solo 14 seminaristi.
Cosa ha provocato questo incremento di vocazioni?
Il punto di svolta è stato dato dalla visita di San Giovanni Paolo II nel 1983, accompagnato da un grande lavoro nella pastorale famigliare e giovanile. C’è da dire che le religiose doppiano il numero dei sacerdoti, è un tempo propizio.
Si parlava molto del problema dei sequestri in Honduras…
Ora, i sequestri sono quasi spariti, e riguardano soprattutto le gangs giovanili, molto violente nel custodire un territorio che considerano come loro.
Cosa può fare la Chiesa?
Garantisce una presenza, in maniera difficile. Ma il dialogo va avanti. Abbiamo inviato il questionario per la preparazione del Sinodo ai giovani di alcune bande, e questi stanno rispondendo. Così, i nostri questionari saranno arricchiti dalla voce di coloro che non sono in Chiesa.
E il dialogo che frutti porta?
Cominciano ad esserci alcuni che vogliono lasciare le bande, e per questo hanno smesso di marchiarsi con il tatuaggio. In più, per molti avere il tatuaggio è una sentenza di morte, si rischia di incorrere nelle vendette delle bande rivali. Ed è per questo che una delle opere pastorali della nostra Chiesa è stata quella di comprare due macchine, costosissime, per poter cancellare i tatuaggi, per salvare la vita ai giovani. Alcuni escono dalle bande per la paura, altre per la convinzione. Ma si deve capire che si tratta di poveri ragazzi cresciuti nella strada, senza famiglia. L’unica identiàtà che hanno è quella di appartenere ad una banda.
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E le scuole cristiane come possono aiutare?
Da una parte, le bande rispettano sacerdoti ed educatori, abbiamo scuole in aree marginalizzate e c’è rispetto. Ma, d’altra parte, è difficile lavorare con questi giovani, che a volte minacciano la stessa scuola.
Come viene portata avanti l’opera di riconciliazione?
È stata fatta attraverso l’anno della misericordia, un qualcosa di molto positivo ed arricchente: in molti sono tornati al sacramento della Riconciliazione. Le ferite che restano sono soprattutto ferite politiche.
Che impatto avrà la Giornata Mondiale della Gioventù a Panama nel 2019 sui giovani dell’Honduras?
Sarà importantissima. In molti si stanno preparando, si può arrivare a Panama in autobus e senza visto, e questo aiuterà la partecipazione. C’è un entusiasmo molto grande.