Rimini , domenica, 27. agosto, 2017 13:55 (ACI Stampa).
“Se non può mai mancare la collaborazione leale della Chiesa nella costruzione di una società migliore, essa non può non mantenere la propria ‘differenza’ critica. La Chiesa non è una società umanitaria, se così fosse tradirebbe la propria natura e la propria missione. La differenza cristiana nasce dalla fedeltà a Cristo e al suo Vangelo, secondo lo stile dell'amore”.
Sono le parole pronunciate dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano nell’incontro conclusivo della XXXVIII edizione del Meeting dell’amicizia tra i popoli. E non poteva mancare il riferimento al recente viaggio in Russia: “Ho sentito molto la presenza di Cristo e del Suo Spirito. Sono partito con qualche apprensione e timore, ma ho sentito la forza della preghiera con cui tanti mi accompagnavano, nella ricerca di una pace possibile e incontrando le autorità della Chiesa Ortodossa”. Inoltre il card. Parolin ha sottolineato il ruolo del dialogo delle fedi per la pace, citando l’enciclica ‘Evangelii Gaudium’: “Per questo il tema del dialogo è stato posto con forza al centro del pontificato di Papa Francesco: nell’ambito culturale, affinché si possa elevare ‘l'essere umano fino al mistero che trascende la natura e l’intelligenza umana’; in quello ecumenico, affinché la fine delle divisioni confessionali e la ritrovata unità dei cristiani contribuisca alla credibilità del cristianesimo nel concorrere alla costruzione dell'unità della famiglia umana; in campo interreligioso, quasi una precondizione perché si possano superare i fondamentalismi e si possa promuovere la pace; infine nell’ambito sociale e politico, quale contributo a un nuovo ordine”.
A tale proposito ha invitato i giovani ad avere il coraggio di trovare la libertà della ‘figliolanza’: “Dobbiamo interrogarci su quale eredità di stili, di azioni, di pensieri, di testimonianze stiamo lasciando alle nuove generazioni. Poi, dopo avere cercato di creare comunità più accoglienti, più fedeli e più autentiche, dobbiamo correre il rischio della libertà. Dobbiamo avere il coraggio della libertà dei Figli. Sapendo che Dio risuona sempre e continuamente nelle coscienze. E i nostri giovani lo troveranno. Lo vedranno negli occhi di coloro che ameranno; lo ascolteranno nel silenzio che turba di fronte alla malattia; lo sentiranno nella fame e nella sete di giustizia; lo udranno come un ‘no’ inderogabile di fronte allo scandalo della violenza e dell’odio; lo conosceranno come un fuoco che arde senza spegnersi”.
Le parole del segretario di Stato vaticano hanno concluso un percorso importante del meeting sul dialogo tra le tre grandi religioni abramitiche, ebraismo, cristianesimo e islam, come più volte ha invitato papa Francesco, iniziato con Mohammad Sammak, segretario generale del Comitato per il Dialogo islamo-cristiano in Libano; mons. Silvano Maria Tomasi, nunzio apostolico e membro del Dicastero Servizio per lo Sviluppo Umano Integrale, e il rabbino capo David Rosen, international director of Interreligious Affairs of the American Jewish Committee e director dell’AJC's Heilbrunn Institute for International Interreligious Understanding. I relatori hanno richiamato le esortazioni di papa Francesco a identificare nell’altro non una minaccia ma una scoperta, e a riconoscere come la comunicazione nasca dall’esperienza di un incontro, che non esclude mai nessuno o qualcosa, come ha sottolineato nel suo intervento Sammak: “Dobbiamo conoscerci e andare oltre i luoghi comuni.
Anche tra noi musulmani dobbiamo ricordare cosa dice il Corano del cristianesimo. Gesù è considerato parte di Dio, autore di miracoli che nessun profeta e neppure Maometto ha realizzato. Della Bibbia si afferma che chi la legge segue la parola di Dio. Maria è citata 43 volte ed è definita la donna preferita di tutti i tempi… I terroristi non c’entrano e non sanno nulla di islam, la loro lettura del Corano non ha nulla a che vedere con la realtà. Ebrei e cristiani vivevano in medio oriente prima di noi musulmani. Lo abbiamo fatto in pace per secoli e continueremo a farlo”. Dalla parte cristiana mons. Tomasi ha raccontato le sue esperienze di nunzio apostolico, prima nel Corno d’Africa e poi a Ginevra, nelle sedi della grandi organizzazioni sovranazionali: “Il dialogo è un metodo, un approccio che riguarda tutti.