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Un vescovo della Controriforma patrono dei giornalisti. Perché?

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È stato un vescovo della Controriforma, ed è il patrono dei giornalisti. San Francesco di Sales (1567-1622) fu però prima di tutto un grande comunicatore, capace di raccontare in modo semplice e chiaro la fede.

Che ci fosse bisogno di raccontare la fede, è un fatto incontrovertibile. Il tempo in cui visse Francesco di Sales fu il tempo in cui la Chiesa affrontava il cataclisma della Riforma, e ripartiva dal Concilio di Trento. Le visite pastorali dei vescovi, l’istituzione dei seminari, la formazione permanente: questi sono i frutti del Concilio di Trento. Qualcosa di molto diverso dalla propaganda che racconta della controriforma come di un periodo cupo.

Francesco di Sales era un nobile sabaudo, e fece studi giuridici a Parigi e Padova prima di scegliere la via del sacerdozio. Fu mandato pastore nello Chablais, in una regione prevalentemente calvinista. La sua attività pastorale fu instancabile. Tanto che fu nominato coadiutore del vescovo di Ginevra, e poi divenne vescovo della diocesi dal 1602 al 1622.

Molte le opere compiute in quegli anni: avviò un istituto femminile aperto a vedove e malati insieme a Santa Giovanna Francesca Freymont, baronessa di Chantal – istituto che poi fu trasformato, su richiesta di Roma, in ordine claustrale della Visitazione di Santa Maria.

Ma, soprattutto, scrisse l’Introduzione alla vita devota, o Filotea, in cui spiegò come anche i laici potevano aspirare alla santità, andando contro la visione comune del tempo.

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Fu nel dialogo con il mondo riformato che Francesco di Sales provò di essere capace di andare controcorrente. Al tempo, si usava soprattutto la predicazione e la disputa teologica per rispondere alle accuse dei riformati. Lui, però, utilizzò soprattutto fogli volanti, piccoli manifesti che facevano da mezzo di catechesi e informazione religiosa e venivano distribuiti a tutti, o affissi ai muri.

Erano, in fondo, dei piccoli giornali di free press, distribuiti casa per casa, che non usavano toni polemici, ma piuttosto il metodo del dialogo. “Se sbaglio, voglio farlo per troppa bontà, piuttosto che per troppo rigore”, usava dire Francesco di Sales.

I suoi scritti seguirono questa massima: Francesco di Sales ha lasciato oltre 30 mila lettere, vari libri come Il Trattato dell’Amore di Dio, scritti in linguaggio semplice, elegante, coinvolgente, ricco di immagini.

È questo il motivo per cui Pio XI proclamò il 26 gennaio 1923, nell’enciclica Rerum Omnium, Francesco di Sales patrono di “tutti quei cattolici che, con la pubblicazione di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina”.

Paolo VI anche ribadì che il vescovo di Ginevra era “modello dei giornalisti cattolici”, nella lettera apostolica Sabudie Gemmae.

“La figura di san Francesco di Sales – disse San Giovanni XXIII al’Unione Cattolica della Stampa Italiana il 27 gennaio 1963 . non è di quelle che si possono contenere entro limitati orizzonti: essa ci si leva innanzi alla mente, alta e serena : più alta dei monti della sua Savoia, più serena del cielo ridente che si specchia nelle acque azzurre del piccolo lago di Annecy... In verità san Francesco di Sales fu il più amabile tra i santi, e Iddio lo mandava al mondo in un'ora di tristezza... Ed egli apparve ed è rimasto come l'incarnazione della pietà sorridente e forte, in cui si fondono la poesia ingenua di san Francesco d'Assisi e l'amore chiaroveggente di sant'Agostino”.

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